guerra tra clan
Foggia, il boss Sinesi al processo ricostruisce l’agguato: «Chi ha sparato era incappucciato»
L’accusato (dai pentiti) è Giuseppe Albanese. I 5 pentiti Verderosa, Villani, Della Malva, Nuzzi e Romano, ma un pentito di peso come Francavilla lo scagiona
“Ho visto 2 persone incappucciate, irriconoscibili che hanno sparato: entrambe erano più alte di me che sono 1 metro e 75. Con me in auto c’erano mia figlia e il bambino; per evitare che potesse succedere loro qualcosa, ho cercato di attirare l’attenzione di chi sparava su di me. I due sono scesi dalla macchina, erano a una ventina di metri; sono stato condannato perché sostengono che ero armato e ho risposto al fuoco, ma io non ho sparato perché non avevo alcuna pistola”.
Così il boss Roberto Sinesi, teste a discarico citato dalla difesa di Giuseppe Albanese ritenuto uno dei killer, ha rivissuto in Tribunale a Foggia il tentato omicidio del pomeriggio del 6 settembre 2016 al rione Candelaro quando benchè ferito gravemente al petto si salvò. Secondo la ricostruzione dell’accusa, 3 o forse 4 sicari armati di mitra Kalashnikov e pistola fecero fuoco da una “Fiat 500” rossa contro la “Fiat 500” su cui viaggiava Sinesi seduto al lato passeggeri, con la figlia Elisabetta (rimasta illesa) alla guida e il nipotino di 4 anni dietro, colpito alla spalla da un proiettile vagante; Sinesi si salvò perché girava armato di pistola, tanto da essere poi condannato a 5 anni, con cui rispose al fuoco, mettendo in fuga il commando.
Se l’accusa reggerà, a questo serve il processo, ieri presunto cacciatore e preda si sono così ritrovati faccia a faccia per la prima volta dal 6 settembre 2016 quando Giuseppe Albanese avrebbe cercato di uccidere Sinesi nell’ambito di una guerra di mafia. Faccia a faccia simbolico perchè sia l’imputato Albanese sia la parte offesa Sinesi erano collegati con l’aula in videoconferenza dalle carceri dove sono detenuti. Albanese si dice innocente: è accusato del triplice tentato omicidio della famiglia Sinesi, aggravato da premeditazione e mafiosità; agguato collegato alla guerra tra i clan della Società. Sinesi è stato interrogato quale teste a discarico citato dall’avv. Francesco Santangelo, difensore di Albanese che non gli ha rivolto domande su eventuali rapporti di conoscenza dell’imputato. Al difensore interessava conoscere il racconto dell’agguato dalla voce della vittima designata e mancata che ha parlato di 2 sicari più alti di lui, mentre Albanese alto circa 1 metro e 70, è più basso di Sinesi.
Albanese, 44 anni, detto “Prnione”, rinchiuso al regime del 41 bis nel carcere di Parma, è detenuto dal 21 novembre 2018: ergastolo in primo grado per l’omicidio di Rocco Dedda; condanna a 11 anni e 6 mesi in appello per mafia e tentata estorsione in Decimabis; a 8 anni per droga in Araneo. Sinesi, 62 anni, è di nuovo in cella dal 9 settembre 2016: sconta anche lui al 41 bis un cumulo pene di 26 anni per mafia (Decimazione), estorsione (Saturno) e armi; è inoltre in attesa di giudizio quale presunto mandante del tentato omicidio del boss rivale Vito Lanza del 2015.
L’accusa contro Albanese poggia sulle dichiarazioni di 5 pentiti - il foggiano Carlo Verderosa del clan Moretti; il sammarchese Patrizio Villani della batteria Sinesi/Francavilla; il viestano Danilo Della Malva; l’ex boss di Altamura, Pietro Antonio Nuzzi; il brindisino Andrea Romano - che in aula hanno riferito d’aver appreso del coinvolgimento dell’imputato direttamente da lui o da altri malavitosi in carcere. Un sesto pentito, l’ex boss Giuseppe Francavilla, ha invece testimoniato che Albanese non è uno dei killer, perché a sparare a Sinesi per quanto riferitogli in cella da un capo-clan manfredoniano, furono 2 garganici e un foggiano pure affiliato al clan Moretti. Si torna in aula il 10 dicembre quando i giudici decideranno se accogliere la richiesta dell’avv. Santangelo di reinterrogare i 5 pentiti Verderosa, Villani, Della Malva, Nuzzi e Romano alla luce delle dichiarazioni del racconto di Francavilla che “scagiona” Albanese; il pm della Dda Bruna Manganelli si è opposto perché i collaboratori di Giustizia sono stati già a lungo interrogati da lei e controinterrogati dal difensore.