L'inchiesta

Mazzette a Lucera per truccare le gare d'appalto: Di Carlo ai domiciliari

Redazione Foggia

Torna libera la figlia Carmelisa ma con obbligo di dimora. Nell'indagine coinvolti imprenditori e dipendenti di uffici tecnici comunali

LUCERA - Dopo un mese di carcere, ha ottenuto gli arresti domiciliari Antonio Di Carlo, 63 anni imprenditore di Lucera; e dopo lo stesso lasso di tempo è tornata libera con revoca dei domiciliari sostituiti dall’obbligo di dimora la figlia Carmelisa Di Carlo, 33 anni, anche lei di Lucera.

L’hanno deciso i tre giudici del Tribunale della libertà di Bari accogliendo i ricorsi degli avv. Raul Pellegrini e Roberto Prozzo, occupandosi per la seconda volta in 10 giorni della posizione dei due principali indagati dell’inchiesta “Ossigeno” nei confronti di 23 indagati, di cui 15 di Foggia e provincia.

Si tratta di imprenditori, dipendenti di uffici tecnici comunali, componenti di commissioni aggiudicatrici di appalti, intermediari accusati a vario titolo di 5 corruzioni e 15 turbative d’asta per una serie di appalti pubblici nel Barese e in Capitanata.

I due lucerini furono arrestati dalla Guardia di Finanza nel blitz del 7 novembre contrassegnato dall’emissione di 11 ordinanze firmate dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari: 1 in carcere, 2 ai domiciliari, 6 interdizioni/sospensioni dai pubblici uffici per 12 mesi, 2 divieti di contrattare con la pubblica amministrazione sempre per 12 mesi.

Il Tribunale della libertà aveva già concesso a Antonio Di Carlo i domiciliari e rimesso in libertà la figlia Carmelisa il 30 novembre occupandosi della tranche barese dell’inchiesta, ma i due indagati erano rimasti ancora in carcere il primo e ai domiciliari la seconda in attesa che il Tribunale della libertà valutasse la loro posizione nella tranche foggiana dell’indagine, il che è avvenuto giovedì mattina in camera di consiglio dov’è stato discusso il ricorso difensivo: nel pomeriggio i giudici hanno depositato l’ordinanza di scarcerazione e rimessione in libertà di padre e figlia lucerini, ribadendo la decisione di 7 giorni prima.

I Di Carlo, come accennato, furono destinatari il 7 novembre di una prima ordinanza cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari che si spogliò di parte dell’inchiesta, trasmettendo gli atti alla magistratura foggiana perché a fronte di 15 reati complessivamente contestati ai 23 indagati di “Ossigeno”, 8 erano stati commessi nel Foggiano: 2 corruzioni e 6 turbative d’asta in relazione a appalti e lavori eseguiti tra Volturara Appula, Celle San Vito, Castelluccio dei Sauri, Castelluccio Valmaggiore, Casalvecchio, San Marco la Catola. Il 17 novembre il gip di Foggia aveva firmato 7 ordinanze-bis (carcere per Di Carlo padre, domiciliari per la figlia, 3 sospensioni e 2 divieti di contrattare con la pubblica amministrazione) confermative di quelle del collega di Bari che altrimenti sarebbero decadute. Ecco perché ci sono stati due ricorsi difensivi al Tdl.

Al centro dell’indagine ci sono lavori di manutenzione del demanio idrico e di canali e strade, opere di adeguamento sismico in scuole, e di consolidamento per fronteggiare il dissesto idrogeologico. Secondo l’accusa Antonio Di Carlo, indagato in tutti i 15 reati oggetti di contestazione in “Ossigeno”, “è il protagonista di tutte le vicende illecite: pilota la formazione di commissioni giudicatrici, individua preventivamente i partecipanti alle gare al fine di escludere concorrenti effettivi, il tutto dopo aver ricevuto con largo anticipo informazioni precise e affidabili sui lavori che sarebbero stati affidati”, come scritto dal gip di Foggia nell’ordinanza cautelare bis che descrisse come venivano truccati gli appalti. “Di volta in volta si coinvolgevano i dipendenti comunali interessati alla singola vicenda contrattuale e gli imprenditori-amici di Di Carlo che si prestavano a partecipare a gare pilotate: veniva elaborata una sorta di pianificazione per indirizzarle, facendo in modo di dirottare gli inviti da parte delle stazioni appaltanti verso imprese amiche, accondiscendenti o disponibili a essere subalterne negli esiti delle gare, e che non presentando offerte economiche avrebbero favorito l’aggiudicazione dei lavori a una serie di imprese facenti capo a Antonio Di Carlo e Antonio Ferrara”, altro imprenditore lucerino nei cui confronti è stato disposto il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per 12 mesi.

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