Il caso
Foggia, maxi evasione dal carcere nel 2020: uniti i due processi
Ascoltati i poliziotti penitenziari sulla dinamica della fuga dei detenuti avvenuta il 9 marzo di tre anni fa
FOGGIA - Quando arrivarono davanti al carcere, la fuga di massa c’era già stata e la sommossa proseguiva con persone sui tetti che inneggiavano a indulto e amnistia: con l’interrogatorio dei primi 2 testi d’accusa, entrambi poliziotti della squadra mobile, è entrato nel vivo il processo a 55 ex detenuti per la rivolta del 9 marzo 2020 nella casa circondariale di Foggia, seguita dall’evasione di massa di 72 detenuti. I giudici del Tribunale hanno prima riunito i due procedimenti in un processo unico a 55 imputati, quindi ascoltato i primi dei 51 testi dell’accusa. Il pm ha citato 46 poliziotti penitenziari, 2 poliziotti e 3 carabinieri (gli interrogatori proseguiranno il 30 novembre e 21 dicembre) per ricostruire cosa successe nel penitenziario.
I difensori chiedono che vengano visionati in aula i filmati registrati dalle telecamere del carcere. I 55 imputati rispondono tutti di devastazione e saccheggio; alcuni anche di sequestro di persona, resistenza, oltraggio e furto. Ben 450 dei 570 detenuti rinchiuso il 9 marzo 2023 presero parte alla sommossa: 82 furono identificati e finirono sotto processo, tra cui 18 condannati in primo grado nel processo gemello celebrato con rito abbreviato davanti al gup. I giudici del Tribunale di Foggia hanno riunito il processo principale a 52 imputati iniziato lo scorso 23 marzo, al secondo troncone nei confronti di altri 3 carcerati rinviati a giudizio in un secondo momento. Il fatto che non fosse stato interrogato nel processo-madre nessun teste, ha consentito la riunione dei procedimenti, cui è seguito l’interrogatorio dei primi 2 testimoni.
Considerato che molti dei 55 imputati sono detenuti per questa vicenda, sarà fissato un calendario fitto di udienze. La mattina del 9 marzo di tre anni fa era prevista anche nel carcere di Foggia come in altri penitenziari italiani, una protesta pacifica contro la decisione del Governo di vietare i colloqui diretti tra detenuti e familiari, sostituendoli con telefonate su Skype, misura adottata per evitare il rischio di contagio Covid. A Foggia però la protesta sfociò in una rivolta iniziata nel cortile passeggio col coinvolgimento di un centinaio di reclusi; proseguita con l’uscita dalle sezioni detentive di altri reclusi; contrassegnata da un’evasione di massa di 72 persone, catturate o costituite nell’arco di 4 mesi.
Il reato di devastazione e saccheggio prevede pene sino a 15 anni e viene contestato a tutti i 55 ex detenuti. Secondo l’atto d’accusa del pm «gli imputati in concorso tra loro e con altri detenuti non identificati e gridando "qui comandiamo noi", distrussero suppellettili; scagliarono oggetti; divelsero cancelli e porte; infransero vetri; appiccarono incendi nell’ufficio matricola, in quello demaniale e presso la zona antistante la block-house spingendo un carello metallico in fiamme, alimentando il fuoco con una scopa e buttando all’interno un materasso; rovinarono arredi e utensili della zona cucina; afferrarono le inferriate della porta carraia con una forza tale che in 9 secondi la ruppero; divelsero il cancello block-house e successivamente quello perimetrale, riuscendo a evadere in massa per riversarsi nelle strade, creando pericolo per i cittadini in transito, costringendo i titolari di attività commerciali a barricarsi nei locali, creando pericolo per la sicurezza in carcere e mettendo in pericolo l’ordine pubblico».
Scene di devastazione accompagnate da proclami: «da oggi in poi dovete contrattare con noi»; «oggi qui comandiamo noi»; «rivolta, rivolta, qui sfasciamo tutto» ; «non me ne frega niente di chi sei tu» (frase rivolta al provveditore per l’amministrazione penitenziaria per la Puglia e la Basilicata che tentò una mediazione) «vai via, ti do 5 secondi per andartene: uno, due,…» . Ci fu chi salì sui tetti per invocare «indulto e amnistia» ; chi minacciò agenti di custodia perché aprisse il cancello dell’area passeggio favorendo l’uscita dalle sezioni detentive; anche 4 donne fatte uscire dalla sezione femminile, presero parte alla sommossa impugnando scope e due estintori, riversandone il contenuto su poliziotti penitenziari; ci fu chi diede la caccia vanamente al direttore del carcere intimando a un poliziotto penitenziario: «bastardo, apri la porta: dove sta il direttore? Ti ammazzo se non mi fai passare» ; chi prese a pugni un agente di custodia rinchiuso in un gabbiotto dopo aver cercato di mettere in sicurezza il cancello carraio.
La difesa replica che non sussiste il reato di devastazione ma quello meno grave di danneggiamento; e che molti imputati si… limitarono ad approfittare della situazione per evadere, reato per il quale sono stati già condannati, senza aver alcun ruolo attivo nella rivolta.