L'intervista
Foggia, padre non accetta figlio gay, parla Luxuria: «All’inizio mi nascosi, ma poi la mia città...»
«Anche per me all'inizio non è stato facile, ma per fortuna ho vissuto tutta un'altra storia e dopo qualche anno di gelo e di silenzio, mio padre ha capito»
FOGGIA - «Anche per me all'inizio non è stato facile, ma per fortuna ho vissuto tutta un'altra storia e dopo qualche anno di gelo e di silenzio, mio padre ha capito»: Vladimir Luxuria, attivista, scrittrice e conduttrice, è profondamente colpita dalla storia del ragazzo foggiano minacciato di morte dal padre dopo aver fatto outing. E il racconto di quanto accaduto la riporta alla «sua» Foggia, città in cui è nata e ha vissuto gli anni dell'infanzia e della giovinezza prima di trasferirsi. Ma – racconta – all'inizio «tornavo da fuori e mi legavo i capelli, mi mettevo i maglioni larghi per nascondere il seno...».
Ora che gli anni sono passati, tutto è cambiato. Vladimir sorride: «Mi hanno pure proposto di candidarmi a sindaco di Foggia!». Ieri è andata in onda la prima puntata del nuovo programma di Luxuria, Il Rosso e il nero, su RadioUno, con Francesco Storace ogni giorno alle 11,30... ma i colori del Foggia (rosso e nero) non c'entrano, anche se Vladimir ci scherza su. L'addolora invece la vicenda del ragazzo perseguitato dal padre: «È una notizia terribile».
A casa sua furono anni tormentati all'inizio del percorso?
«Non fu facile. In principio, anche mio padre accusò mia madre dell'educazione libertaria che poteva avermi dato, ma durò poco. Io in realtà non feci un vero e proprio outing... pian pianino se ne accorsero, vedendo anche il mio modo di vestire. Seguirono cinque-sei anni di silenzi: non è che non ci parlassimo, ma semplicemente parlavamo d'altro. Io scendevo per le feste e si accennava allo studio, al lavoro, alla salute, ma non al resto... un po' come un “don't tell, don't ask”».
E poi?
«Oggi abbiamo un rapporto bellissimo. Le incomprensioni si dissolsero quando mio padre per il Pride ci diede in prestito il suo carro e risolse un problema di costi. Ora con entrambi i miei genitori non esistono attriti, anzi. Il percorso di avvicinamento è stato graduale ma pieno d'affetto. Del resto, erano gli anni '80, loro non sapevano come gestire, ma mai alcuna violenza, ci mancherebbe! Sono devastata per ciò che è accaduto a questo ragazzo foggiano e mi cadono le braccia al solo pensare che – ancora oggi – ci sia qualcuno capace di ritenere che si possa “raddrizzare” un figlio verso l'eterosessualità, a suon di botte. Mi spiace anche perché il percorso delicatissimo in cui avviene l'outing è un momento di estrema fragilità, in cui serve essere ascoltati, compresi, amati. Con la cattiveria che c'è in giro, la famiglia è ritenuta un porto sicuro. È pur vero che l'esplosione di un padre violento a mio avviso è frutto di rabbia... magari ci sarebbero state minacce anche solo per una scelta di studi diversa».
Foggia: poteva accadere anche altrove, al Sud o al Nord?
«La mia città è molto cambiata e se dicessi il contrario sarebbe una bugia. Un tempo sì, dovevamo nasconderci. Ma la mia Foggia è anche la città in cui da ragazzo all'Istituto di ragioneria, fui sospeso dal preside perché andavo a scuola con orecchino e mantello. Eppure, i miei compagni decisero di scioperare in segno di solidarietà. E mi elessero rappresentante di istituto! Non credo che ci sia un Sud o un Nord anche in questo: discriminazioni esistono ovunque, prendiamo un paesino dell'entroterra veneto o una grande città: purtroppo, nulla cambia».