I clan della società
Foggia, dal maxi processo al blitz antidroga: ecco chi è Rocco Moretti
Il ruolo del boss condannato ad oltre 60 anni di carcere. Attività dal racket al traffico di droga ed armi. È custode di molti segreti della zona grigia
FOGGIA - Se volesse raccontare le sue memorie e scriverci un libro Rocco Moretti, foggiano classe ’50, sepolto da anni di carcere al 41 bis, da dove comincerebbe? Da come la parola “pentimento” esuli dal vocabolario del “porco”, soprannome affibbiato sin da ragazzo? Dagli anni della gioventù, quando il mestiere di camionista lo integrava con i furti di grano? Da quando il 6 luglio ’89 l’allora ricercato numero 1 di Foggia e provincia fu catturato dopo 18 mesi nelle campagne di San Giovanni Rotondo con una corte di malavitosi a proteggerlo e una bellissima diciottenne neo diplomata a fargli compagnia? Dai quarant’anni al vertice della “Società foggiana”? Dalla leggenda mafiosa smentita dalla realtà processuale, che lo descrive presiedere a gennaio ’89 un summit in campagna e mostrar loro la foto della testa mozzata del rivale Pinuccio Laviano vittima della lupara bianca, per spiegare ai picciotti “gli ho fatto quello che lui voleva fare a me”?
Oppure partirebbe dai 61 anni e 4 mesi di condanne collezionati dall’89 a oggi per omicidio, mafia, droga, estorsione, armi e non è ancora finita? Dai 32 anni dietro le sbarre trascorsi negli ultimi 34, con solo 21 mesi da uomo libero? Dall’inseguimento anche nei 3 metri per 3 di una cella di quel potere mafioso che l’ha condotto al massimo dei 7 gradi della scala mafiosa, e ha contagiato il figlio Pasquale e il nipote Rocco junior a loro volta carcerati da tempo e con lunghe condanne da espiare? Dai consigli premurosi di un padre preoccupato al figlio sfuggito a un agguato, catturati nell’estate 2007 da una microspia nel carcere di Palmi: “fatti cacciatore, non essere preda: a te teniamo, il bastone è passato a te, hai capito a papà”? Dal fatto che gira e rigira c’è sempre, o quasi sempre, il suo nome nei blitz che raccontano la storia della mafia foggiana, sin dal maxi-processo Panunzio che fotografò il suo ruolo di boss (insieme a Giosuè Rizzi ammazzato a 59 anni il 12 gennaio 2012) nei primi anni di vita della “Società” sino all’ultima operazione Game Over del 24 luglio con 82 arresti, da cui emerge che nel gennaio 2017 – in uno dei rarissimi periodi di libertà – in un summit di mafia Moretti impose le nuove regole sullo spaccio di cocaina per monopolizzare il mercato della droga in città?
Ah, se parlasse il boss che il 7 dicembre festeggerà in cella 73 anni, ne avrebbe di storie da raccontare. Di vite sprecate (a cominciare dalla sua); di vite stroncate per mano o per bocca sua; di vendette e affari; dell’incapacità o chissà dell’impossibilità di chiamarsi fuori da un mondo in cui oggi sei carnefice e domani vittima, e che non ammette non solo pentimenti ma nemmeno il “diritto” a pensionarsi perché riti di affiliazione, giuramenti e spartenze sono qualcosa di molto più che folklore camorristico perché prevedono e pretendono che se oggi ricevi domani dovrai dare senza tirarti indietro: altrimenti c’è quella che l’ex capo della squadra mobile Alfredo Fabbrocini definì la strategia pensionistica della mafia scritta dal piombo e racchiusa in bare.
Un capitolo dell’ipotetico libro Rocco Moretti lo dovrebbe poi dedicare a come la “Società” sia passata da mafia disconosciuta degli esordi (quando la parola era quasi impronunciabile nella Foggia degli anni Ottanta nonostante l’evidenza dei fatti della strage al circolo Bacardi del primo maggio ’86 con 4 morti, inchiesta che lo vide imputato e assolto) alle sottovalutazioni che accompagnavano la dicitura sprezzante e sbagliata di “mafia stracciona”, prima di assurgere a “quarta mafia d’Italia” e “primo nemico dello Stato” nelle analisi degli ex procuratori nazionale Franco Roberti (2017) e Cafiero de Raho (2020).
E come si inserisce Rocco Moretti, il capo che nei pochi mesi da uomo libero tessè alleanze in provincia e magari anche fuori, “nell’area grigia punto di incontro tra mafiosi, imprenditori, liberi professioni e apparati della pubblica amministrazione; una terra di mezzo dove affari leciti e illeciti tendono a incontrarsi e confondersi” di cui scrive la Dia relazionando della “Società”? Eh già, “Le mie prigioni” di Rocco Moretti sarebbe un best seller…