Il caso

Foggia, presunte mazzette per due marescialli, la loro difesa: «Aiutavamo i ragazzi»

Redazione Foggia

Interrogatorio fiume per due militari foggiani in carcere perché sospettati di corruzione nei concorsi per forze armate e dell’ordine

FOGGIA - Preparavano i candidati a sostenere i concorsi per entrare nelle forze armate e dell’ordine, intascando soldi dai genitori e facendo credere loro di poter raccomandare i figli per superare le prove, ma in realtà queste possibilità e «entrature» non le hanno mai avute. L’avrebbero detto in interrogatori-fiume proseguiti sino a lunedì sera i due sottufficiali dell’Aeronautica militare in servizio all’aeroporto di Amendola, i foggiani Aldo Caurio e Gennaro Sorgente di 39 e 55 anni, in carcere dal 15 giugno nel blitz su presunte mazzette pagate dai familiari di giovani che volevano essere reclutati nell’Aeronautica (come volontari in ferma provvisoria di 1 e/o 4 anni, 157 marescialli, 100 allievi marescialli, ufficiali piloti, manutentori); e superare i concorsi per 2938 allievi carabinieri e 1175 marescialli della Guardia di Finanza.

Sei le ordinanze firmate dal gip Antonio Sicuranza: 2 in carcere, 1 ai domiciliari, 2 sospensioni dal servizio per 4 mesi e 1 obbligo di dimora; 39 gli indagati e 25 imputazioni: 16 di traffico di influenze illecite, 6 di corruzione, 2 di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, 1 di sostituzione di persona. 

Caurio e Sergente, difesi dagli avv. Gianluca Ursitti e Cecilia D’Alessandro, sono stati sentiti per oltre due ore a testa in tribunale dal gip, presenti i pm Enrico Infante e Miriam Lapalorcia. I difensori dei due marescialli preferiscono non rilasciare dichiarazioni, hanno depositato ieri istanza di concessione dei domiciliari, il gip deciderà nei prossimi giorni una volta acquisito il parere della Procura. Il giudice ha disposto il carcere per Sorgente per 6 episodi di corruzione, e per Caurio per 5 corruzioni e 1 falso; e i domiciliari per entrambi per 14 accuse di traffico di influenze illecite; questo spiega la durata degli interrogatori perché gip e pm hanno chiesto conto prima a Sorgente e poi a Caurio di tutti gli episodi contestati nelle 604 pagine dell’ordinanza cautelare. I due sottufficiali nel rendere parziali ammissioni avrebbero escluso di essere dei corrotti, e sostenuto d’aver spesso millantato inesistenti possibilità e capacità per far reclutare i candidati grazie a intermediari che avrebbero avvicinato i componenti delle commissioni esaminatrici (rimasti ignoti); di fatto loro si limitavano a preparare al meglio i candidati sulle domande che statisticamente e più frequentemente venivano sottoposte nelle prove d’esame e che ricavavano da internet: se poi la prova aveva buon esito, facevano credere ai genitori che fosse merito loro.

L’accusa ritiene Caurio e Sorgente «il vero motore dell’intera filiera delinquenziale: dalle indagini» ha scritto il gip nel provvedimento di cattura, «è emersa una consolidata rete di rapporti penalmente rilevati tra Caurio, Sorgente» e 5 coindagati (altri 4 militari dell’Aeronautica e un dipendente del ministero della pubblica istruzione) «che consente loro di dedicarsi con continuità ormai professionale a un’organizzata attività finalizzata a far superare i concorsi nelle forze armate e nelle forze di polizia ai loro protetti che sborsano somme anche consistenti di denaro, destinate anzitutto a Caurio e Sorgente che si dividono gli illeciti introiti, tanto da alzare ognuno dai 250mila ai 300mila euro all’anno».

«Il difetto di prova certa della corruzione finale ha imposto di ricondurre la maggior parte degli episodi al reato di traffico di influenze illecite», meno grave rispetto alla corruzione per il quale non è previsto il carcere. Il gip ha anche parlato di «efficiente sistema collusivo che proprio per la sua forte remuneratività non risulta neanche rallentato da possibili intoppi giudiziari in cui si poteva incorrere; Caurio e Sorgente commentano in un’intercettazione con nonchalance l’eventualità di un’indagine in corso nei loro confronti, mostrando anche disinteresse per l’eventualità d’essere raggiunti da misure cautelari».

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