verso il processo
Foggia, avvocatessa morta nello scontro in città: fissata l’udienza preliminare
Si svolgerà il 25 settembre. In quattro rispondono di omicidio stradale: Camilla Di Pumpo, di 25 anni morì poco dopo lo schianto
FOGGIA - Si svolgerà il 25 settembre l’udienza preliminare per 4 foggiani coinvolti nell’inchiesta sull’omicidio stradale di Camilla Di Pumpo, l’avvocatessa di Foggia di 25 anni morta la sera del 26 gennaio 2022: alla guida della sua Fiat Panda imboccò da via Giovanni Urbano via Matteotti e si scontrò con una Audi A4 con a bordo tre giovani che percorreva via Matteotti. L’impatto fu letale per la giovane professionista deceduta poco dopo per le gravi lesioni al capo. Il sostituto procuratore Roberto Galli chiede al giudice dell’udienza preliminare Antonio Sicuranza di mandare sotto processo il conducente della berlina Francesco Pio Cannone, 22 anni, accusato di omicidio stradale e concorso in falsità ideologica; i due amici che erano in sua compagnia, Rocco Pio Curci e Simone Rendine rispettivamente di 20 e 27 anni, entrambi di Carapelle, imputati di favoreggiamento e falsità ideologica; e Michele Cannone, 52 anni, padre del conducente dell’”Audi” pure imputato di concorso in falsità ideologica per un presunto iniziale tentativo di depistare le indagini, facendo risultare che alla guida della berlina ci fosse Michele Cannone e non il figlio.
Giudizio abbreviato? L’avv. Michele Sodrio che difende i Cannone potrebbe scegliere il giudizio abbreviato davanti al gup e pena ridotta di un terzo in caso di condanne. Opzione plausibile perchè Francesco Pio Cannone nei giorni successivi alla tragedia si presentò in Questura e ammise d’essere lui alla guida dell’auto; e perché le strategie di pm e difesa si basano molto su quanto relazione dai rispettivi consulenti cui si sono affidati per ricostruire la dinamica dello scontro. I familiari della Di Pumpo si costituiranno parte civile con gli avv. Michele Curtotti, Michele Vaira e Antonio Pedarra.
ANDAVA A 90 ALL'ORA – Francesco Cannone risponde di omicidio stradale per aver “cagionato la morte della Di Pumpo per colpa generica consistita in imprudenza e negligenza; e colpa specifica per aver violato le norme del codice della strada”. Il pm gli contesta di “aver percorso una strada del centro abitato a 90 chilometri orari quando il limite era 50 km; di non aver regolato adeguatamente la velocità in prossimità dell’incrocio con via Urbano” dove avrebbe dovuto limitare la velocità a 30 chilometri orari. Per il pm ci fu comunque un concorso di colpa della stessa vittima, tant’è che a Francesco Cannone la Procura riconosce il cosiddetto “fatto attenuato” perché l’incidente si verificò anche perché la Di Pumpo non avrebbe “usato la massima prudenza richiesta, transitando all’incrocio a 20 chilometri orari, quindi non assumendo in prossimità dell’incrocio una velocità prossima all’arresto e non ottemperando all’obbligo di dare la precedenza a un veicolo proveniente da destra”. Sia i legali di parte civile sia l’avv. Sodrio non concordano con questa ricostruzione per motivi differenti; la parte civile esclude qualsiasi ipotetica corresponsabilità della vittima; mentre la difesa di Cannone sulla scorta di una propria consulenza, sosterrà che l’”Audi” viaggiava a 60 e non 90 chilometri orari, e che la tragedia fu anche causata dalle strisce pedonali tracciate a un metro dall’incrocio e non a 6 metri, con conseguente visuale soprattutto della vittima ostruita dalle auto in sosta.
IPOTESI DEPISTAGGIO - Gli altri tre imputati minori dell’inchiesta avrebbero contribuito con lo stesso Francesco Cannone a cercare di depistare le indagini, nell’ottica accusatoria. Curci e Rendine rispondono di favoreggiamento nei confronti del conducente dell’Audi per aver dichiarato alla Polizia locale che alla guida c’era Michele Cannone, arrivato in via Matteotti chiamato dal figlio subito dopo l’incidente. I 4 sono tutti accusati infine di falsità ideologica perché nell’indicare in Michele Cannone il conducente, indussero in errore la Polizia locale intervenuta per i rilievi, per cui le analisi di prassi in questi casi per riscontrare eventuali tracce di alcool o droga nel conducente non furono eseguite su Francesco Cannone ma sul genitore.