Nel Foggiano

Femminicidio a Carlantino, la lettera di un giudice: «Sono troppi gli episodi di maltrattamenti in famiglia»

Redazione Foggia

Domani dovrebbe svolgersi l’interrogatorio di convalida del fermo dell'indagato. L'uomo ha detto al suo avvocato di non sapere della morte della moglie

CARLANTINO (FOGGIA) - «Antonio Carozza non sapeva della morte della moglie, gliel’ho detto io: lui era convinto che fosse ancora viva. Ho appena finito di parlarci, è piantonato in stato di fermo nel reparto di chirurgia toracica degli ospedali riuniti: è in stato di shock, e nei pochi momenti di lucidità piange; ricorda poco di quanto successo. È in cura dal 2010 presso il centro di salute mentale di Lucera. Ho trovato una persona molo scossa e provata». Così l’avv. Mario Genovese al termine di un colloquio di mezz’ora con il suo assistito, Carozza, l’agricoltore di 54 anni accusato dell’omicidio della moglie Pietronilla De Santis, 45 anni, accoltellata 41 volte all’addome giovedì pomeriggio nell’abitazione di via Battisti a Carlantino. Domani dovrebbe svolgersi l’interrogatorio di convalida del fermo davanti al gip del Tribunale di Foggia: al momento non è noto se l’indagato, difeso dagli avvocati Mario Genovese e Luigi Coscia, risponderà e/o sarà in grado di rispondere alle domande del giudice e raccontare cosa sia successo nel primo pomeriggio del 9 marzo; o se si avvarrà della facoltà di non rispondere. L’indagato è piantonato dalla polizia penitenziaria in ospedale per aver tentato il suicidio subito dopo l’uxoricidio, prima ferendosi all’addome e al polmone con il coltello a scatto con cui avrebbe sferrato 41 coltellate alla moglie; quindi lanciandosi dal balcone del primo piano da un’altezza di circa 3 metri: guarirà in un mese.

L’indagine dei carabinieri è coordinata dal pm Pietro Iannotta, che si occupa dei reati da codice rosso. La coppia, sposata da 25 anni e con 4 figli tra i 14 e 23 anni, era sola nell’abitazione teatro del delitto. Pietronilla De Santis gestiva in famiglia un bar in paese; l’allarme l‘ha dato la figlia della coppia rincasata dopo aver chiuso il bar: pare che abbia trovato la madre sul divano e il padre con in mano il coltello con cui si è ferito per poi salire al primo piano della palazzina e lanciarsi di sotto, sotto gli occhi di un vicino di casa.

Sul caso di Carlantino interviene con una lettera aperta una voce eccellente, il giudice del Tribunale di Bari Antonio Coscia, originario del piccolo centro della provincia di Foggia e che ad ogni udienza, fa sapere, «mi capita un processo per il reato di maltrattamenti in famiglia».

«Quello che è accaduto a Carlantino mi riempie di dolore, come carlantinese e come giudice. Però non ci possiamo limitare a essere addolorati. Non è giusto. Sappiamo tutti che a Carlantino ci sono sempre stati, e ci sono ancora, mariti che alzano le mani sulle mogli. Lo fanno perché hanno sempre visto i padri fare la stessa cosa sulle madri, perché pensano che la violenza sia il modo in cui l'uomo deve trattare la donna per essere uomo. Alcuni di noi sanno anche chi sono, questi mariti, ma pensano che siano questioni famigliari private, preferiamo tutti non intrometterci. E invece dobbiamo farlo. Dobbiamo cominciare a riconoscere che, come comunità, abbiamo un problema culturale e lo dobbiamo risolvere. Quando queste donne ci chiedono un consiglio, perché spesso sono stanche e disperate, dobbiamo dire loro di denunciare i mariti, e non di starsene zitte. Vi posso assicurare che le forze dell'ordine e l'autorità giudiziaria ci sono e sono sensibili a questi reati: grazie a una legge del 2019, a pochi giorni dalla denuncia, è possibile ottenere l'applicazione di misure cautelari, prima tra tutte l'allontanamento dalla casa famigliare e, quando serve, anche la custodia cautelare in carcere. Abbraccio la famiglia di Petronilla De Santis e il mio pensiero va ai suoi 4 figli, che la comunità e le istituzioni non devono lasciare da soli nel loro dolore», conclude nella sua lettera il giudice Coscia.

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