agguato di mafia

Foggia, Albanese inchiodato dai pentiti: quattro killer per colpire Sinesi

Redazione Foggia

Il foggiano recluso a Parma arrestato 48 ore fa. Verderosa: «Fu lui a dirmelo», lo confermano i collaboratori di giustizia Nuzzi e Romanola

A dire del pentito Carlo Verderosa, fu proprio Giuseppe Albanese a confidargli in carcere d’essere uno dei 4 killer che il 6 settembre 2016 ferirono il boss Roberto Sinesi e il nipotino di 4 anni, sparatoria collegata alla guerra tra clan della “Società foggiana”; Albanese gli avrebbe fatto anche i nomi dei tre presunti complici: un foggiano come lui affiliato al clan Moretti e due garganici del gruppo Romito, tra cui un manfredoniano poi ammazzato (che però era ai domiciliari all’epoca del ferimento Sinesi).

Le rivelazioni di Verderosa sono riportate nell’ordinanza del Gip di Bari Alfredo Ferraro che su richiesta della Dda ha disposto 48 ore fa l’arresto di Albanese, 42 anni, legato al clan Moretti/Pellegrino/Lanza. È accusato del triplice tentato omicidio di Sinesi, della figlia Elisabetta e del bambino; provvedimento notificato dai carabinieri del nucleo investigativo nel carcere di Parma, dove il foggiano è sottoposto al regime del 41 bis: è detenuto dal 21 novembre 2018 per omicidio, mafia, tentata estorsione e spaccio in tre inchieste.

Tre pentiti lo accusano Il foggiano Verderosa che il 18 dicembre 2019 temendo d’essere ucciso dal suo stesso clan chiese protezione a Dda e investigatori; Pietro Antonio Nuzzi, della criminalità di Altamura che collabora con la Giustizia dal 2017 e ha rivelato anche retroscena su agguati e affari della “Società”, sostenendo d’esserne venuto a conoscenza da esponenti dei due clan rivali quando fu detenuto a Foggia tra marzo 2015 e febbraio 2017; Andrea Romano, brindisino, che avrebbe raccolto in carcere le confidenze di uomini del gruppo Sinesi/Francavilla.

Verderosa ha detto che nel novembre 2018 mentre erano detenuti, Albanese gli confidò d’aver preso parte all’agguato a Sinesi in cui furono utilizzati un mitra Kalashnikov e una pistola; rivelò i nomi degli altri tre sicari; e raccontò d’essere sfuggito alla morte il 29 ottobre 2016, quando il clan Sinesi vendicò il ferimento del boss uccidendo in un bar di via San Severo Roberto Tizzano e ferendo Roberto Bruno (parenti di esponenti del gruppo Moretti), ma era Albanese l’obiettivo principale, salvatosi rifugiandosi in un locale.

Anche a dire di Nuzzi, Albanese gli confidò d’aver sparato a Sinesi: lui lo rimproverò per aver sparato malgrado ci fosse un bambino, ma Albanese si sarebbe giustificato dicendo di non aver visto il minore. Nuzzi aggiunge che del coinvolgimento dell’indagato nell’agguato gliene parlarono ancor prima membri del clan Moretti, mentre uomini della batteria rivale gli riferirono che Roberto Sinesi aveva riconosciuto in Albanese uno dei killer del commando che voleva farlo fuori: da qui la volontà del clan Sinesi/Francavilla d’ucciderlo, ma Albanese si salvò nell’agguato costato la vita a Tizzano.

Infine il brindisino Andrea Romano ha detto d’aver appreso da uomini del gruppo Sinesi/Francavilla che a sparare a Sinesi erano stati in due, tra cui un albanese che viveva a Foggia detto “Prnion”. Per il Gip le dichiarazioni di Romano non sono «imprecise o generiche ma improntate a una ingenua sincerità nel riferire quanto appreso: ha cioè confuso la parola albanese non pensando che si trattasse del cognome del responsabile dell’agguato, ma si riferisse alla nazionalità; però ogni ragionevole dubbio sulla corretta indicazione di Albanese viene meno quando il pentito individua il responsabile del ferimento di Sinesi con il suo alias, Prnion», soprannome appunto di Albanese.

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