Lavoro

Foggia, doccia fredda sui lavoratori della ex Tozzi

Massimo Levantaci

Gli americani chiudono la fabbrica: «Crisi economica». A casa i 114 dipendenti della ex «Tozzi Sud», storica fabbrica dell'area industriale di Foggia non più denominata così dal 2019 dopo l'acquisizione da parte degli americani della G&W Electric

FOGGIA - Non è un fulmine a ciel sereno, le avvisaglie della crisi andavano avanti da un anno. Ma è comunque una doccia fredda quella piovuta addosso ieri ai 114 dipendenti della ex «Tozzi Sud», storica fabbrica dell'area industriale di Foggia non più denominata così dal 2019 dopo l'acquisizione da parte degli americani della G&W Electric, società con sede centrale nell'Illinois e presenze dirette in molti paesi del mondo (Canada, Messico, Cina) oltre che in Italia. Lo stabilimento nell'area industriale di borgo Incoronata si occupa di progettazione e produzione di quadri elettrici di media e bassa tensione installati in tutto il paese e anche all'estero. La G&W foggiana lavora da qualche anno prevalentemente con Enel, dopo aver abbandonato altri grandi clienti (Eni). La scelta forse non ha pagato, anche se si sono aggiunte altre complicazioni come l'aumento dei costi dell'energia e dele materie prime. La decisione votata dall'assemblea dei soci il 17 gennaio non lascia scampo: «Chiudere gli stabilimenti di Foggia e di Peschiera Borromeo, nel Milanese».

La comunicazione alle segreterie aziendali dei sindacati ha di fatto aperto la crisi, è ora intenzione delle segreterie confederali e della Rsu (rappresentanze sindacali unitarie) portare la discussione al tavolo di Confindustria. L'azienda non dovrebbe cessare immediatamente, almeno secondo quanto riferito ieri alla Gazzetta da alcuni lavoratori, ci sono ordini da smaltire. L'azienda motiva la decisione con la necessità di dover tamponare la grave perdita economica derivante da una gestione divenuta negli ultimi tempi gravosa e non più sostenibile per i bilanci aziendali. «Le difficoltà - riconoscono in azienda - sono aumentate dopo il Covid, con il calo delle commesse e un generale aumento dei costi di produzione». Le «perdite ingentissime» denunciate dall'azienda risalgono comunque a prima della pandemia, vengono fatte risalire dalla stessa azienda al triennio 2019-2021. L'aumento dei costi di produzione ha finito per aggravare il quadro, la difficoltà di reperire materie prime (tuttora in atto) acuisce una crisi già strisciante e preclude forse possibilità di ripresa.

Lo scrive in una nota il presidente del consiglio di amministrazione David Allen Gizewicz: «I pur numerosi prodotti dell'azienda acquisita richiedevano inaspettatamente una notevole rielaborazione e numerose verifiche prima di poter essere immessi sul mercato, la qual cosa comportava un ingente dispendio di risorse finanziarie e non. Ciò è perdurato negli anni sino alla decisione di porre la società in liquidazione». «I costi della produzione nel triennio 2019-2021, sono sempre stati enormemente superiori al valore della produzione; l’inesistente marginalità – aggiunge Gizewicz – non lascia prospettive di inversione della tendenza».

«I licenziamenti - scrive l'azienda - saranno operati secondo il criterio tecnico organizzativo correlato alla cessazione delle attività, dunque a seconda degli ordini già accettati da evadere. “Non vi è la possibilità di ricorrere utilmente all’impiego di strumenti alternativi ai licenziamenti, sia sotto il profilo tecnico-organizzativo che sotto quello produttivo”, chiarisce il presidente. “L’azienda – si legge nella comunicazione - ribadisce la propria disponibilità ad avviare una discussione in merito alla procedura attivata al fine di addivenire ad una soluzione finale condivisa”».

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