Corte di Cassazione
Usura a Foggia, assoluzioni annullate
Processo da rifare per 8 imputati, tra cui i mafiosi Lanza, Antoniello e Carella
Foggia - La Cassazione ha annullato con rinvio l’assoluzione di 8 foggiani - tra cui i mafiosi Vito Bruno Lanza alias «u lepre»; Cesare Antoniello detto «Cesarone»; e Michele Carella soprannominato «Recchie longhe» - accusati a vario titolo di usura a due imprenditori del settore vitivinicolo, tentata estorsione aggravata dalla mafiosità a uno dei 2 imprenditori, associazione per delinquere finalizzata a una maxi-truffa nel settore vinicolo ai danni di Erario e Unione Europea. Furono coinvolti nel processo «Baccus» contrassegnato dal blitz dell’11 giugno 2012, con 24 arresti su ordinanze del gip di Bari: 17 in carcere e 7 ai domiciliari. La Cassazione ha accolto il ricorso della Procura generale di Bari e della fondazione antiusura «Buon samaritano» costituitasi parte civile contro i 5 imputati di usua, attraerso l’avv. Enrico Rando in tutti e tre i gradi di giudizio. Annullata quindi con rinvio la sentenza assolutoria del 16 settembre 2019 dalla corte d’appello di Bari; significa che il processo di secondo grado agli 8 foggiani dovrà essere ricelebrato. Il pg della Cassazione e i difensori chiedevano l’inammissibilità o il rigetto del ricorso e di rendere quindi definitive le assoluzioni. Le motivazioni della Cassazione saranno depositate nei prossimi mesi.
Gli imputati sono Vito Bruno Lanza, 67 anni, al vertice del clan Moretti/Pellegrino/Lanza, attualmente in carcere per altre vicende; Cesare Antoniello, 60 anni, già condannato per mafia nel maxi-processo «Panunzio» degli anni Novanta che per la prima volta sancì la mafiosità della criminalità organizzata del capoluogo; Luigia Lanza, 43 anni, figlia di Vito Bruno; Pasquale Di Mattia, 60 anni; Michele Carella, 78 anni, detto «Recchie longhe» nome storico della criminalità foggiana, che sta scontando in detenzione domiciliare una condanna a 10 anni per mafia e concorso in estrosione inflitta nel maxi-processo «Corona»; Teodosio Pafundi, 43 anni; Alessandro Carniola, 45 anni; Walter Cocozza, 68 anni. I Lanza, Antoniello, Di Mattia e Carella sono accusati di usura; Pafundi, Carniola e Cocozza, e ancora Carella, di associazione a delinquere per la maxi-truffa nel settore vinicolo.
Il Tribunale di Foggia il 16 luglio 2015 condannò i 7 uomini a pene da 2 anni a 8 anni, e assolse Luigia Lanza. La corte d’appello di Bari il 16 settembre 2019 assolse gli 8 foggiani dai reati più gravi. La Procura generale di Bari (che in appello chiese 8 condanne a complessivi 31 anni) ricorse in Cassazione, sostenendo l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese durante le indagini preliminari dall’imprenditore vinicolo Francesco Battiante (una delle due presunte vittime di usura, l’altra è Ernesto Lops altro imprenditore dello stesso settore), che poi al processo di primo grado si avvalse della facoltà di non rispondere, in quanto imputato in reato connesso perché coinvolto nel filone della maxi-truffa dell’inchiesta Baccus. Per la Procura generale, Battiante non parlò al processo in quanto minacciato; i difensori degli 8 imputati replicano che non c’è prova delle minacce; che la scelta di Battiante di non rispondere alle domande durante il processo fu legittima quale imputato in procedimento connesso; che essendo venuta mena la possibilità della difesa di interrogare Battiante ossia uno dei testi principali d’accusa, le dichiarazioni da lui rese durante le indagini non potevano aver valore di prova; che quindi la decisione della corte d’appello di assolvere i foggiani era giusta e da confermare.