L'analisi
Cartelle su agricoltori soli: l’insostenibile sistema dei consorzi di bonifica
Finite le elezioni, parte lo scaricabarile: sul tributo 630 ora si chiede solo di rottamare. Gli agricoltori sono di nuovo soli
Finite le elezioni, parte lo scaricabarile: sul tributo 630 ora si chiede solo di rottamare. Gli agricoltori sono di nuovo soli. Per anni i sindacati agricoli, le associazioni di categoria e una larga parte della politica pugliese hanno ripetuto lo stesso ritornello: il tributo 630 era ingiusto, sproporzionato e privo di qualunque collegamento con benefici reali sui terreni. Candidati e amministratori ne hanno fatto una bandiera elettorale (cfr. cap. 6 del programma del Pd alle Regionali), promettendo sospensioni, azzeramenti, revisioni. Il principio evocato era chiaro: nessun tributo può essere preteso senza il corrispettivo di un servizio o di un beneficio fondiario.
Oggi accade l’esatto contrario. Gli stessi protagonisti che fino a ieri tuonavano contro il tributo chiedono ora al ministro Giorgetti la rottamazione delle cartelle: cancellazione di sanzioni, interessi e aggio, ma non dell’importo contestato dagli agricoltori. Nessuna sospensione, nessun riesame, nessuna riforma. Solo l’invito a chiudere la partita accettando questo sconto e basta.
Adesso è ufficiale: c’è anche l’avallo di una parte delle categorie professionali. Le stesse categorie chiedono il rinvio delle elezioni del nuovo Consiglio di amministrazione «…nelle more del completamento del Piano di riequilibrio… che dovrà essere approvato dalla Giunta regionale ed il cui effetto renderebbe più evidente l’azione di risanamento dell’Ente e riavvicinerebbe l’interesse del mondo agricolo». Tradotto: prima si paghino i debiti risalenti alla gestione «pre commissariale», poi si potrà tornare alla democrazia interna. Resta da verificare a chi siano effettivamente imputabili quei debiti.
Le Relazioni del Commissario e del Revisore Unico al Bilancio di Previsione 2025 parlano di un disavanzo consolidato di 155 milioni di euro: tecnicamente sarebbe un dissesto, in larga parte ascrivibile alle anticipazioni della Regione Puglia, e forse solo per questo ancora rimediabile. La Regione impone un piano di rientro venticinquennale: la prima rata nel 2025 di 4.951.167 euro, quasi un quarto del gettito del 630. Per i prossimi 25 anni i consorziati pugliesi dovranno finanziare un ente che, già oggi, fatica persino a garantire i servizi ordinari.
Il tributo 630 nel 2025 vale 21.484.000 euro, mentre la manutenzione ordinaria - la sua ragion d’essere - richiede 9.691.000 euro. Meno della metà. Il resto si disperde nella struttura: personale a tempo indeterminato (circa 100 unità tra dirigenti, impiegati e operai) per 8,8 milioni, operai stagionali per 3,3 milioni, costi energetici per 8,2 milioni, oltre a spese generali, contenziosi, fondi rischi e oneri istituzionali.
Così il 630 non finanzia la bonifica: finanzia il Consorzio. Non garantisce sicurezza idraulica né manutenzione dei canali: serve a tenere in piedi un apparato che altrimenti collasserebbe.
I servizi fondamentali sono quasi tutti in perdita. Gli acquedotti rurali presentano un saldo negativo di 5.759.000 euro, con entrate che coprono meno della metà delle uscite. L’irrigazione è quasi ovunque in rosso: Nord-Sud Salento – 85.000 euro; Litorale Barese – 854.000 euro; Destra Ofanto – 84.000 euro; Sinni-Vidis-Metaponto – 20.000 euro. Unico distretto in attivo: San Giuliano (+215.000 euro). È la conferma dell’incapacità dell’ente di rendere sostenibili i propri servizi primari.
Il 28 settembre 2023, durante un’audizione alla IV Commissione del Consiglio Regionale, il dirigente dell’ex Consorzio Arneo dichiarò che non c’erano risorse per la manutenzione ordinaria: «Per tredici, quattordici anni i consorzi non hanno fatto nulla, dico nulla, tranne l’attività straordinaria finanziata con risorse regionali o comunitarie… È chiaro che il territorio è in una situazione penosa». E oggi il nuovo Consorzio dovrebbe aumentare la manutenzione, sostenere impianti obsoleti e costosi, gestire acquedotti e reti idriche e ripagare 125 milioni di debiti in 25 anni. Una sfida titanica, o semplicemente impossibile.
La rottamazione delle cartelle appare così più un escamotage che un gesto di equità: un modo per facilitare la riscossione di un tributo che resta contestato. È la sintesi della crisi profonda della classe dirigente pugliese: incapace di riformare, abilissima nel rinviare. Per anni si è criticato un sistema che non si è mai voluto cambiare.
Qualcuno aveva promesso di sospendere il tributo; qualcun altro ha parlato di rinnovamento senza toccare le cause del disastro. La rottamazione chiude la parabola: elimina qualche sanzione per rendere più accettabile un tributo che rimane identico, disarma i contenziosi e rende più difficile la difesa per chi contesta.
Il sistema non funziona, ma gli agricoltori devono continuare a finanziarlo.
I documenti parlano chiaro: il sistema dei Consorzi è insostenibile; il tributo 630 non è collegato ai benefici; la maggior parte delle risorse non va nella manutenzione; gli agricoltori sono lasciati soli; la politica non ha riformato nulla; il risanamento lo pagheranno i pugliesi; gli organi che dovrebbero governare l’ente continuano a non essere eletti. È tempo di dirlo senza mezzi termini: così non può andare avanti.
Andreotti, parlando delle Ferrovie italiane, disse: «I pazzi si distinguono in due tipi: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di risanare le ferrovie». Chissà cosa penserebbe dei consorzi di bonifica.
E poi ci offendiamo quando qualcuno dice che «al Sud funziona così». Ma se continuiamo a confermare gli stereotipi invece di smentirli con i fatti, la responsabilità non sarà certo di chi ce lo ricorda.