L'analisi

L’incognita Salvini incombe sulla linea del governo a sostegno dell’Ucraina

Bruno Vespa

C’è da sperare che Matteo Salvini, come sempre manifesti tutte le sue riserve sul prosieguo della guerra, ma continui correttamente, come ha fatto finora, a firmare gli invii periodici di aiuti all’Ucraina

Un padre culla la bara bianca del figlioletto. Ninna nanna a uno dei sette bambini morti con ventisette adulti in un palazzo di Ternopil sventrato da un missile ipersonico russo. La moglie di Zelensky, Olena, ha diffuso queste immagini dicendo che non le avrebbe dimenticate per il resto della sua vita. «So che la vostra opinione pubblica è stanca e si chiede quando finirà la storia dell’Ucraina. Noi non abbiamo scelta: o moriamo o continuiamo a raccontare».

Siamo a uno dei tanti punti di svolta di questa tragedia. La differenza fra Trump e Putin è che il primo è un uomo d’affari che fa politica, il secondo è un politico abilissimo al quale piacciono anche gli affari.

È Putin in questo momento a condurre il gioco. Per la prima volta, credo, nella politica internazionale gli Stati Uniti hanno delegato il negoziato a due uomini d’affari (Witkoff e il genero di Trump Kushner) mettendo in secondo piano il segretario di Stato Rubio. Gli incontri sono andati male, Putin ha intensificato i bombardamenti su obiettivi civili ucraini e manda ogni giorno al massacro nel Donbass millecinquecento uomini (fonte: Guido Crosetto).

Trump, invece di indurire le sanzioni che inginocchierebbero l’economia russa, le ha allentate alla compagnia Lukoil. Vuole chiudere la partita e riprendere gli affari, pubblici e privati, con la Russia. È indubbio che l’Ucraina debba cedere qualcosa e che abbia diritto a un futuro sicuro come membro dell’Unione Europea, con la protezione della Nato. Ma forse ha ragione Macron quando sospetta che Trump possa «tradire» Zelensky.

Se ne è avuta una prova ieri con la pubblicazione del documento di strategia di Difesa nazionale degli Stati Uniti. L’Europa è descritta come un partner inaffidabile e in declino, la cui civiltà può essere cancellata in un ventennio per le sue politiche regolamentari e immigratorie (un pizzico di ragione su questo ce l’ha).

Ma vi si afferma soprattutto che molti governi europei perseguono politiche con «aspettative irrealistiche sulla guerra in Ucraina», con un riferimento evidente al fatto che un accordo potrà essere fatto soltanto a spese di Kiev.

È difficile che si arrivi presto ad una tregua, perché Putin ha tutto l’interesse a continuare la guerra avendo trasformato la sua economia in un apparato bellico. Se ci sarà un disimpegno americano (con l’esclusione, speriamo, del supporto di intelligence) saranno gli europei a farsi carico delle spese militari, come già sta avvenendo da parecchi mesi, visto che compriamo noi dagli Stati Uniti le armi destinate all’Ucraina.

La Commissione europea sta trattando con il Belgio le garanzie perché non sia quel piccolo paese a pagare il conto per la detenzione del maggior numero di asset finanziari russi che verrebbero impiegati per finanziare la guerra.

Giorgia Meloni e Antonio Tajani non smentiranno il loro fermo sostegno all’Ucraina (per la Meloni fu il salvacondotto internazionale per il passaggio dall’opposizione al governo). C’è da sperare che Matteo Salvini, come sempre manifesti tutte le sue riserve sul prosieguo della guerra, ma continui correttamente, come ha fatto finora, a firmare gli invii periodici di aiuti all’Ucraina.

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