L'analisi
L’egemonia del «re» Conte e i timori della Schlein annebbiano il campo largo
Vincente o perdente che sia, una coalizione guidata da Conte sarebbe la negazione di tutto quello in cui hanno creduto tutti gli orfani di sinistra del vecchio Partito popolare
L’allarme del consigliere del Quirinale Filippo Garofani (allarme, non complotto) per la possibile conferma di Giorgia Meloni in un secondo mandato a Palazzo Chigi aggiorna, in maniera vistosa, il dibattito sulla strategia del Campo largo in vista delle elezioni politiche della primavera 2027.
Elly Schlein ha indiscutibilmente rivitalizzato il Partito democratico, portandolo dal 19% delle elezioni politiche 2022 al 24% delle europee 2024. Ha vinto il congresso del PD pescando voti fuori dal PD e soltanto un altro congresso (o qualcosa di simile) può espropriarla del diritto di correre come candidato premier al prossimo turno.
Per quanto valgono i sondaggi, nell’ultimo anno e mezzo la forbice tra il partito della Schlein e quello della Meloni si è sensibilmente ristretta: le due leader erano divise nel 2024 da 4.8 punti e oggi lo sono da 8 (FdI 30 per cento, PD 22). Fedele al mandato congressuale, Schlein ha rottamato il vecchio PD di centrosinistra in favore di un nuovo PD schierato nettamente a sinistra, senza alcun ruolo per i cattolici riformisti che erano il sale dell’alleanza tra Margherita e Ds da cui nacque il Partito democratico di Walter Veltroni «a vocazione maggioritaria» e perciò perfetto protagonista del bipolarismo. Schlein è troppo giovane per aver militato nei Democratici di sinistra (1998-2007) e si comprende che non voglia riconoscersi in niente di quel che l’ha preceduta. Ma se escludiamo per ragioni generazionali la militanza comunista dell’attuale gruppo di comando del PD, si capisce come qualcuno cominci a identificarlo con il vecchio DS.
I cattolici riformisti ancora in campo come Lorenzo Guerini e Graziano Del Rio o attenti osservatori a bordo campo come Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti (abituale frequentatore del Quirinale) si sentono estranei al mondo Schlein e sono preoccupati per quella che giudicano una rincorsa a sinistra con Giuseppe Conte. Il quale Conte negli ultimi tempi ha fatto una manovra di aggiramento verso posizioni più moderate, respingendo l’idea di patrimoniale e manifestando preoccupazioni sulla sicurezza. Conte ha guidato due governi con alleati opposti come la Lega e il PD e tornerebbe molto volentieri a Palazzo Chigi dopo primarie di coalizione. A questo proposito può essere di rompente il sondaggio diffuso ieri pomeriggio da Youtrend che vede prevalere nelle primarie Giuseppe Conte con il 43% dei voti contro il 29 della Schlein e il 28 di Silvia Salis.
E se la quasi totalità degli elettori del M5s voterebbe per Conte, poco più della metà degli elettori democratici sceglierebbe la Schlein, mentre il 29% voterebbe per il sindaco di Genova e il 16% per il leader del Movimento 5 Stelle.
Vincente o perdente che sia, una coalizione guidata da Conte sarebbe la negazione di tutto quello in cui hanno creduto tutti gli orfani di sinistra del vecchio Partito popolare. Un elemento in più per incoraggiarli a costruire una gamba più moderata, come quella di Ernesto Ruffini che sta costituendo in tutta Italia centinaia di circoli riformisti.