L'analisi

Fondazioni bancarie, una nuova frontiera per il welfare in crisi

Nicola Didonna

Contestualmente l’Acri, Associazione delle Fondazioni e delle Casse di Risparmio, ha pubblicato il 30° rapporto annuale in cui ha fornito i dati aggregati dell’attività delle 85 Fondazioni aderenti

Le Fondazioni Bancarie negli ultimi tempi sono assurte agli onori della cronaca locale per alcuni investimenti ritenuti non in linea con la loro mission, con le finalità istituzionali e statutarie. Contestualmente l’Acri, Associazione delle Fondazioni e delle Casse di Risparmio, ha pubblicato il 30° rapporto annuale in cui ha fornito i dati aggregati dell’attività delle 85 Fondazioni aderenti.

Vediamo prima di tutto cosa sono le Fondazioni di Origine Bancaria, in sigla Fob. Nascono nel 1990 con la cosiddetta Legge Amato, Ministro del Tesoro all’epoca, con la finalità di privatizzare le casse di risparmio e le banche pubbliche e separare l’attività bancaria da quella sociale. Sono persone giuridiche private, autonome e senza fine di lucro.

In seguito, nel 1999, la cosiddetta Legge Ciampi, Ministro del Tesoro pro-tempore, impose loro di diversificare il patrimonio investito, di non esercitare l’attività bancaria e di non controllare più le banche conferitarie. Allo stato le Fob devono quindi occuparsi di finanziare o co-finanziare insieme ad altri soggetti, pubblici o privati: arte, attività e beni culturali; volontariato, filantropia e beneficenza; ricerca e sviluppo; educazione, istruzione e formazione; assistenza sociale e salute pubblica; protezione e qualità ambientale; crescita e formazione giovanile.

Nel 2024 questi settori hanno catalizzato oltre il 97% delle erogazioni. Il residuo 3% è stato distribuito sui settori «minori» come attività sportiva, protezione civile, assistenza agli anziani, famiglia e valori connessi, sicurezza alimentare. Il tutto grazie ad un patrimonio complessivo al 31 dicembre 2024 di oltre 42 miliardi e un avanzo di bilancio annuo di oltre 2 miliardi con un rendimento di circa il 5%; non male in tempi di crisi. Buona parte dell’avanzo, circa il 70%, è fatto grazie ai generosi dividendi che sono stati distribuiti dalle banche partecipate; le stesse dalle quali si minacciano extra-tassazioni. Infatti le 17 FOB più grandi, che detengono oltre il 76% del patrimonio complessivo del sistema, sono quelle che a suo tempo hanno conferito le banche più grandi (Cariplo, San Paolo, Torino, Firenze e Roma). Seguono a ruota le 18 Fob definite medio grandi, quindi le 17 medie fra cui la «nostra» Fondazione Puglia con 136 milioni di patrimonio, 17 medio-piccole e infine 16 definite piccole, alcune anche con un patrimonio di solo 1 milione che servono più a chi le gestisce e ci lavora che ad altri e che auspicabilmente dovrebbero almeno aggregarsi. La correttezza della gestione di tutte le Fondazioni del sistema è assicurata, oltre che dagli organi statutari interni, dal Ministero delle Finanze (Mef) che può anche commissariarle in caso di gravi irregolarità. In sostanza, il mondo delle Fob è come se fosse un ricco benefattore che deve contribuire ad implementare il sistema di welfare sociale in attuazione del principio previsto dall’art.118 della Costituzione di sussidiarietà orizzontale. Proprio per questa funzione sociale il sistema FOB gode anche di agevolazioni fiscali in termini di ridotta tassazione.

In questo contesto appare legittimo, indipendentemente dal merito specifico, che si sia posta l’attenzione ad alcune attività di investimento che la «nostra» Fondazione Puglia ha posto in essere acquistando, ristrutturando e gestendo, tramite una società controllata al 100%, un albergo nel centro di Bari, il Victor. Anche perché gli organi delle Fob - Consiglio di Indirizzo, Consiglio di Amministrazione, Presidente e Collegio dei Revisori non sono eletti - non avendo soci ma nominati «secondo apposito regolamento» dai rappresentanti degli stakeholders del territorio come Regioni, Comuni, Università, Camere di Commercio, Federazioni imprenditoriali, Conferenze Episcopali, Associazioni del Terzo Settore. Come dire: tu l’hai nominato e tu te ne piangi le conseguenze sul territorio.

Una cosa appare certa: in tempi di bilanci di Stato ed Enti territoriali sempre più magri per la dieta imposta dal piano strutturale dell’Unione Europea è auspicabile che il sistema delle Fob assuma l’onere di compensare, con le proprie erogazioni, gli spazi che restano sguarniti nel welfare pubblico.

Non ci possiamo permettere di sprecare risorse in modo autoreferenziale o addirittura clientelare, una spending review, cioè un efficientamento della spesa - perché alla fine di questo si parla - va fatta. Altrimenti dovremo dare ragione a Milton Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976, che criticava la spesa pubblica che «spende soldi altrui a favore di altri» per la sua scarsa efficienza ed efficacia. In pratica inutile, nel migliore dei casi.

Qualche ulteriore riflessione merita il fatto, come testualmente citato nel rapporto di Acri, che «più dell’80% delle risorse viene destinato a soggetti privati, mentre solo il restante 20% è diretto a soggetti pubblici». In pratica, il Terzo Settore si conferma il principale interlocutore delle Fondazioni di Origine Bancaria.

Il dubbio che ci possa essere un corto circuito, una sorta di captatio benevolentiae, fra nominati e nominanti può sorgere spontaneo. Qualche dubbio in più può sorgere quando il soggetto del terzo settore è addirittura «cosa propria» in quanto partecipato al 100% ed esercita una attività imprenditoriale in concorrenza con i privati che non godono delle stesse agevolazioni e non hanno le stesse risorse «donate» loro dalle spoglie delle banche pubbliche. Tutti questi legittimi dubbi andrebbero fatti diradare.

Ma indipendentemente dal caso specifico, forse è arrivato il momento di rivedere l’intero sistema e di coordinarlo maggiormente con chi è responsabile del welfare; in un mondo in cui tutti fanno tutto forse si sprecano risorse e si dà ragione a Friedman. Se l’attività che realizza il principio di sussidiarietà orizzontale è protetta costituzionalmente, appare altrettanto auspicabile aumentarne l’efficacia e l’efficienza. Nell’attuale momento storico non si può prescindere da uno stretto coordinamento con l’attività del Governo, nazionale o regionale, impegnato a rastrellare soldi per cercare di salvare lo stato sociale, anche inseguendo improbabili “extra-profitti”.

Infine, un suggerimento meramente tecnico: apprezzabile aver pubblicato un rapporto di ben 334 pagine che purtroppo parla solo di aggregati. Ma forse sarebbe stato più utile alla trasparenza e a permettere il miglioramento del sistema fornire anche dettagli sui singoli componenti del gruppo - più o meno performanti - adottando degli specifici Kpi (indicatori di performance) per poter rendere il settore, così importante per alcuni, anche più utile per tutti.

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