il problema
Uova d’oro dal turismo, ma la fine del ceto medio è la grande «frittata»
La punta dell’iceberg si è vista adesso, ma i segnali erano presenti già da tempo, sebbene in forma meno preoccupante
Il turismo è sempre stato, per lo Stato italiano, la «gallina dalle uova d’oro». Quest’estate, però, in Puglia in particolare, il settore degli stabilimenti balneari ha mostrato segni di affaticamento: le uova non si raccolgono più come negli anni passati.
La punta dell’iceberg si è vista adesso, ma i segnali erano presenti già da tempo, sebbene in forma meno preoccupante. Le cause principali sono due, entrambe sottovalutate dai governi, che non le hanno affrontate con serietà: da un lato, i costi elevati praticati da alcuni gestori; dall’altro, stipendi e salari fermi da decenni. Un doppio fattore che ha messo in difficoltà un comparto un tempo fiorente, in cui i proprietari dei lidi investivano per sfruttare appieno tre mesi di attività all’anno. In particolare, luglio e agosto restano i mesi in cui gli italiani affollano le spiagge. Il turismo straniero, invece, preferisce visitare i beni culturali delle città, addentrarsi nei borghi storici o scegliere la piscina al posto del mare.
Beninteso, non si può fare di tutta l’erba un fascio: la crisi è a macchia di leopardo. Ci sono imprenditori corretti e altri più «corsari», che nei mesi estivi puntano a guadagnare quanto in un anno. Per questo le istituzioni locali dovrebbero vigilare più attentamente sull’andamento dei prezzi in alcune attività commerciali. Una dinamica che non riguarda soltanto il settore balneare, ma anche la ristorazione, seppure in misura minore. A pesare sul comparto c’è anche la direttiva europea Bolkestein, percepita dai gestori come una minaccia costante. Nata per aumentare la concorrenza e migliorare i servizi, in Italia si è trasformata in un contenzioso infinito, tra proroghe, bandi e scadenze diverse da Comune a Comune, lasciando il settore nell’incertezza.
Ma il nodo vero è che la crisi degli stabilimenti balneari pugliesi si inserisce in un problema economico e sociale ben più ampio, che riguarda l’asse portante della società italiana: il ceto medio. O meglio, l’ex ceto medio, cuore pulsante del blocco sociale, da tempo ridotto quasi a zero. La crisi economica ha trasformato le classi sociali rendendole più «liquide», mentre i bisogni sono aumentati e le disuguaglianze si sono ampliate. Il welfare state - in cui la spesa sanitaria incide più di quella previdenziale - resiste ancora, soprattutto grazie al sistema pensionistico, dove i contributi dei lavoratori extracomunitari hanno compensato, almeno in parte, il peso crescente dei pensionati italiani. Se un tempo l’italiano medio poteva permettersi lunghe ferie estive e invernali, oggi deve scegliere tra una o l’altra, riducendo la durata delle vacanze. I consumi si sono contratti, così come le possibilità di svago settimanale e di tempo libero.
In altre parole, la crisi del turismo balneare non è che un sintomo di un malessere più profondo: un Paese in cui la «gallina dalle uova d’oro »rischia di non deporre più, perché i suoi clienti storici non hanno più il paniere per raccoglierle. E quando la gallina smette di fare uova, non serve cambiare il pollaio: serve ricostruire tutto il cortile. Ma in Italia, invece di nutrire la gallina, preferiamo fare conferenze stampa per raccontare quanto fosse buona l’ultima frittata.