il pensiero

Tra crisi, Ilva e disagio così Taranto rischia di esplodere

biagio marzo

Siccome nell’area ionico salentina è stagione di «pizzica e tarantismo» la gente crede di fare tutto e il contrario di tutto, ma è un lusso che non si può permettere il sindaco di Taranto

Sono scesi sul piede di guerra, da un lato, le associazioni imprenditoriali metalmeccaniche, dall’altro, le organizzazioni sindacali. Nel mirino, la maggioranza comunale guidata dal sindaco Bitetti, prigioniero di contraddizioni in termini gioca, si fa per dire, a mosca cieca. Siccome nell’area ionico salentina è stagione di «pizzica e tarantismo» la gente crede di fare tutto e il contrario di tutto, ma è un lusso che non si può permettere il sindaco di Taranto, vivendo in una città a rischio di sommovimenti sociali. Ma neppure il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, viene risparmiato: le critiche dell’amministrazione comunale lo accusano di voler imporre un piano industriale non coerente con le esigenze ambientali e sanitarie di Taranto.

Il tanto decantato, con una crescente retorica ursiana- rossiniana, il bando, per la vendita di Ilva e Acciaierie d’Italia, è stato squaternato. Nel tentativo di riallinearsi con il governo, il sindaco ha rilanciato la proposta di una Legge Speciale per la città, cui i datori di lavoro hanno chiesto di affiancare un consiglio comunale straordinario per affrontare i nodi della crisi siderurgica e il piano proposto da Urso. Inoltre, il 12 agosto il ministro ha convocato istituzioni locali, Regione, associazioni di categoria e, a seguire, i sindacati: ma, tra bando di gara e annunci, la sensazione diffusa è che si tratti di una presa per i fondelli, una sceneggiata napoletana degna di Mario Merola. Un’idea importante, quella della legge speciale, ma tutt’altro che nuova: l’ultima risale al 2015 con il decreto-legge n. 98 del governo Renzi, «recante disposizioni urgenti per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell’area di Taranto». Il provvedimento introdusse il Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS), destinato a «favorire il rilancio economico, produttivo e occupazionale del territorio di Taranto», ma rimasto una scatola cinese priva di contenuti per mancanza di fondi. Stesso destino per la legge speciale regionale del 2016, presentata da Gianni Liviano e sottoscritta da Cosimo Borraccino e Francesca Franzoso, rimasta sulla carta.

Intanto, il ministro Urso ha autorizzato la pubblicazione della nuova Lettera di Procedura II, che avvia la vendita degli asset di Ilva e Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. L’operazione punta a fare cassa, dismettendo i rami non strategici e concentrando gli investimenti sul nuovo piano industriale, che prevede la sostituzione progressiva delle aree a caldo alimentate a carbone con tecnologie a basse emissioni. In particolare, entro il 2032, lo stabilimento dovrà passare da un unico altoforno ancora operativo (l’AFO4, circa due milioni di tonnellate annue) a una produzione di sei milioni di tonnellate ottenuta tramite tre forni elettrici e altrettanti impianti DRI (Direct Reduced Iron). Il tutto è vincolato dalle prescrizioni della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale, che stabilisce: «La decarbonizzazione del sito di Taranto non è più un’opzione, ma un obbligo vincolante». Le organizzazioni sindacali temono che la transizione comporti un ridimensionamento produttivo e occupazionale, soprattutto a Taranto, dove - tra ex Ilva e AdI - si contano già oltre 4mila lavoratori in cassa integrazione, senza considerare l’indotto.

La città si trova così al centro di una tensione crescente, in cui si contrappongono le richieste di una decarbonizzazione rapida e le paure di un lento smantellamento industriale. Taranto ha una miccia di dinamite sempre pronta ad accendersi: la nitroglicerina è la crisi siderurgica, aggravata dall’assenza di finanziamenti certi; la glicerina è il disagio sociale, alimentato da disuguaglianze e mancanza di lavoro. Una miscela pericolosa che, se ignorata, rischia di esplodere con conseguenze difficili da controllare.

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