L'analisi

Ecco le dimissioni preventive: tutto merito della crociata contro lo «sputtanamento»

Massimiliano Scagliarini

Avvisare qualcuno che vogliono arrestarlo doveva servire a tutelarne onore e reputazione. Peccato che ora sui giornali, che raccontano l’attualità, ci finiscono anche le richieste di arresto

Bisogna fare i complimenti a chi ha scritto e pensato la riforma Nordio, la legge «contro l’Italia dello sputtanamento» (Il Foglio, 5 marzo 2024) che distillando un malsano garantismo ha partorito la brillante idea dell’interrogatorio preventivo. Avvisare qualcuno che vogliono arrestarlo doveva servire a tutelarne onore e reputazione. Peccato che ora sui giornali, che raccontano l’attualità, ci finiscono anche le richieste di arresto. E per eterogenesi dei fini noi giornalisti ci siamo trasformati da pubblici ministeri in giudici, mentre i gip – come dimostra il caso di Alessandro Delli Noci – si sono ritrovati loro malgrado arbitri della vita della gente.

La brillante riforma Nordio, dunque, ha moltiplicato per mille quello sputtanamento che voleva evitare. Prima sui giornali ci finivi se ti arrestavano, come è giusto che sia perché pubblicare le motivazioni di una misura cautelare serve al controllo democratico sul corretto esercizio del potere giudiziario. Oggi sui giornali ci finisci quando ti notificano la richiesta di misura cautelare, ci resti fino al giorno dell’interrogatorio e ci torni fino a quando il gip non ha deciso sul tuo destino. E se ti arresta, ci rimani (almeno) fino all’udienza davanti al Riesame. E dunque i giornalisti, che prima ti sputtanavano «solo» con i contenuti di una ordinanza, ora partono prima e sono chiamati a rispondere a una domanda fatidica («Ma secondo te lo arrestano?») che mai e poi mai dovrebbe essere lasciata al dibattito pubblico. Tutto questo per aumentare «il tasso di garanzie sul terreno cautelare».

Quello che è accaduto ieri dimostra quanto dannosa sia la norma sull’interrogatorio preventivo. Un consigliere regionale (incensurato) costretto a dimettersi per evitare l’alea dell’arresto non è solo un colpevole non ancora scoperto (copyright Davigo), quanto un rappresentante democraticamente eletto (dunque, un potere dello Stato) che soccombe a un altro potere dello Stato proprio nella fase in cui – ci avevano detto – doveva essere esaltato il tasso di garanzia. E questo (naturalmente) a prescindere dalla fondatezza della richiesta dell’accusa, che nel precedente sistema sputtanatorio sarebbe stata vagliata da un giudice e avrebbe portato o meno alla misura cautelare. Cosa cambia? Cambia che prima ti dimettevi (eventualmente) per uscire dal carcere. Oggi sei costretto a dimetterti per non finirci dentro. Roba che nemmeno in Russia.

Sicuramente qualcuno dirà «meglio adesso». Contenti loro. Sarebbe bello sapere ad esempio cosa ne pensa il re dei garantisti italiani, il deputato Enrico Costa, quello che facendo la spola tra Azione e Forza Italia ha avuto la brillante idea di proporre la norma in base a cui sarebbe vietata la pubblicazione integrale delle ordinanze cautelari perché (ipse dixit) «chi viene investito da centinaia di pagine di accuse, se pubblicate, non si riprende più neanche con l'assoluzione». Come si riprende, invece, uno che viene portato davanti al suo giudice con il coltello alla gola?

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