L'analisi
Giorgia alla Casa Bianca in equilibrio (precario) tra Italia, Usa ed Europa
Il viaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni negli Stati Uniti si inserisce in un contesto internazionale segnato da tensioni causate dalla guerra dei dazi e geopolitiche dovute ai conflitti Russia e Ucraina e in Medio Oriente, a Gaza
Il viaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni negli Stati Uniti si inserisce in un contesto internazionale segnato da tensioni causate dalla guerra dei dazi e geopolitiche dovute ai conflitti Russia e Ucraina e in Medio Oriente, a Gaza.
Le settimana passata, per il presidente, Donald Trump, è stata da non ricordare per la tempesta finanziaria che si abbattuta sugli Usa da quando ha iniziato a dare i numeri dei dazi Paese per Paese. Una scelta confusa, impreparata, improvvisata e improvvida che ha bruciato una montagna grande quanto l’Everest di dollari, al limite di portare l’inflazione e la recessione negli Usa che, tutto sommato, «il cavallo stava bevendo», ossia l’economia tirava.
Sul piano delle guerre in corso che aveva sbandierato, prima di essere eletto alla Casa Bianca, di chiuderle pacificamente in quattro e quattr’otto, c’è ancora il niet di Mosca e a Gaza la guerra continua. Ironia della sorte, l’escalation è salita di livello in Ucraina e a Gaza. Tra dazi e conflitti ha avuto il tempo di smantellare una parte cospicua del deep state e licenziare personale civile e militare a lui non gradito. Per non parlare dello sparare alzo zero sulla «parassita» Europa nonché usare l’inedito linguaggio scurrile nei confronti dei capi di governo e di Stato, le cui uniche colpe sono state di chiedergli degli incontri per trattare il tema spinoso dei dazi.
Il vis a vis della presidente italiana, Giorgia Meloni, con il presidente statunitense, Donald Trump, avrà come tema centrale i nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni europee, che colpiscono, di conseguenza, settori chiave dell’economia italiana, come quello automobilistico e agricolo. Per intanto, parallelamente, l’inquilina di Palazzo Chigi ha annunciato un piano per mobilitare 25 miliardi di euro, provenienti da fondi europei, al fine di sostenere la produttività italiana e mitigare l’impatto dei dazi. Meloni intende proporre a Trump un accordo di libero mercato «zero per zero» sui dazi industriali, sostenendo l’iniziativa della Commissione Europea per evitare una guerra commerciale. Tuttavia, questa iniziativa ha suscitato preoccupazioni in alcuni Paesi europei, come la Francia, che teme una divisione all’interno dell’Unione Europea. A ben vedere, ha sollevato un falso problema, dato che la questione dazi è di competenza di Bruxelles e non di Roma. La presidente italiana non è una sprovveduta e porterà le proposte al presidente Usa quelle che ha concordato con la Von der Leyen.
In sintesi, la visita di Meloni rappresenta un tentativo di mediazione tra gli interessi italiani, europei e statunitensi, in un momento di delicatezza per le relazioni transatlantiche. In proposito, vista la vicinanza politica e umana - quantunque non si è mai certi di ciò che passa per l’anticamera del cervello al lunatico tycoon, personaggio imprevedibile -, la presidente italiana dovrà spiegargli che l’Ue non è sorta per «fregare» gli Usa, anzi, grazie proprio all’aiuto e ai consigli di Washington ha preso forma ed è diventata quella che è tutt’oggi. Questo patrimonio non si può dispendere, facendo un regalo agli avversari e ai nemici dell’Occidente.
Insomma, dialogare con gli autocrati nulla quaestio, ma preferirli al posto degli alleati di sempre: cui prodest? Anche perché i Paesi dell’Ue sulla difesa hanno capito le rampogne trumpiane, per cui non possono stare più sotto l’ombrello a stelle e strisce e stanno facendo gli investimenti in base alla disponibilità di ogni singolo Stato. La Germania ha il coefficiente più alto di euro e l’Italia ne ha uno all’incirca del 2%.
Al dunque, la vera sfida non è solo politica, ma sistemica, tra capitalismo e democrazia per la supremazia dell’uno sull’altra e viceversa. Chi governa davvero: i parlamenti o le piattaforme? I leader eletti o gli algoritmi? La visita di Meloni negli Usa potrebbe rivelarsi uno snodo simbolico di questa transizione. Il suo compito non sarà facile, ma difficile non significa impossibile.