il commento

L’8 marzo del 2025 la festa delle bambine che saranno donne

Rossana Gismondi

Bambine care sappiate sin da ora che crescerete imparando a difendervi dal solo fatto che nascere donna, spesso comporta

Bambine care: sappiate sin da ora, magari in questo imminente 8 marzo disilluso e inquieto, che crescerete imparando a difendervi dal solo fatto che nascere donna, spesso comporta. Ed essere sempre pronte a ribadire la vostra femminilità, il vostro modo di percepire ciò che vi circonda, la vostra libertà, i vostri diritti.

Libertà e diritti che non arrivano certo da un tacco 12 o da una borsa di lusso, o da chissà quale plastificata perfezione. La nostra propensione alla bellezza e alla eleganza, quando c’è, è un fatto naturale, essenza e non apparenza: come per il coraggio di don Abbondio, o ce l’hai o non te lo puoi dare. Tantomeno comprare.

Ciò che dovete difendere è ben altro: il rispetto da pretendere, prima di tutto da voi stesse, in quanto esseri umani. Poi da tutti gli altri, nessuno escluso. Gli uomini, a parità di merito, guadagnano il 28% in più delle donne. Un’ingiustizia grande, dunque, che mi procura rabbia ogni qualvolta la leggo accadere. Ebbene, se dovesse capitarvi – e vi capiterà - il dolore di un’ingiustizia: guardatela in faccia, quella sofferenza, prendetela a pugni. Nasciamo, in quanto donne, più fragili nel corpo, è vero: ma solo in quello.

Il coraggio ci appartiene più di ogni altra emozione. Tiratelo fuori e affrontate senza timore le tempeste della vita: sono tante e le donne, naturalmente dotate di sensibilità, talvolta se ne lasciano travolgere. Le nonne di un tempo li chiamavano, con il garbo e il pudore che erano loro propri, dispiaceri della vita. Amori finiti, amici traditori, cari che muoiono, ingiustizie (oh, le ingiustizie!), torti, rimpianti, malattie, sogni infranti, carriere spezzate. Una somma che pare non debba mai finire e che si allinea nei giorni della vita, numero dopo numero. Lo dico senza garbo, senza ipocrisie e parole gentili, così tanto care a chi ci vorrebbe sempre graziosamente accomodate, persino sui dolori: le difficoltà della vita - ci sono per tutti senza distinzioni di genere - per le donne diventano spesso devastanti. Se vi propineranno quelle menate che spronano al domani che è un altro giorno, non credeteci. Perché, spesso, è solo un altro giorno di merda.

Pensate, bambine, che l’anno scorso nel nostro Paese è stata uccisa una donna ogni tre giorni. Pensate: tutti si stracciano le vesti, ogni volta che accade un femminicidio ma che, ancora, non si mette mano a talune dinamiche sociali – basta una canzone a dare cattivo esempio - che vedono le donne come esseri da usare ed abusare, manco fossimo al mercato delle schiave. Pensate a quanta reale ipocrisia e palpabile menefreghismo, anche nella politica, nelle istituzioni. Accade nella nostra Italia: lo Stato che tassa la famiglia – con tanto di cartella esattoriale - di una donna uccisa dal marito, per un rimborso mai ricevuto. Il paradosso, la beffa dopo la tragedia.

Però credete, dovete crederlo, profondamente e tenacemente- magari con un filo leggero e permanente di intimo furore- in voi stesse. Pretendete rispetto senza compiacere, ricordando che non appartenete a nessuno, se non a voi stesse: imparate che dietro un complimento insistente, pesante, si cela non un galante ma un imbecille che vi sta molestando. E non mollate mai, come è accaduto a Bari, ad una giovane dottoressa tirocinante con il suo tutor: è lui che deve fare un passo indietro e piantarla, non lei. Jane Fonda, attrice intelligente e splendida 80enne, ritirando un premio ha usato parole che, con grazia e determinazione, raccontano la vita che vi aspetta: «A un uomo è concessa ogni stagione, ma una donna ha diritto soltanto alla primavera».

Vorrei, da vecchia ragazza che ha lottato come meglio ha potuto, lasciarvi un mondo migliore perché, cantava il vecchio poeta Bob Dylan «i tempi stanno cambiando». Purtroppo così non è: non ho mai visto tante donne al potere, come in questi ultimi anni, e non ho mai sentito dire, a queste donne, parole che non sembrino uscite, profferite, partorite, abortite, dalla mente e dalla bocca di un uomo. Parole di guerra, di morte, di armi: chissà se le diranno ancora quando i loro figli torneranno a casa nei sacchi neri.

Ammesso che i loro figli, e non soltanto i nostri, partano per guerre che nessuna donna dovrebbe nemmeno ipotizzare. Il mondo è cambiato sì, ma in peggio. Dunque, vi auguro di lottare e vincere le vostre battaglie. E chissà che non sarete proprio voi, bambine di questo 8 marzo 2025, quelle che potranno respirare il vento dei tempi nuovi e migliori.

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