L'analisi

Quel viaggio lampo a Mar-A-Lago e i buoni rapporti con l’Iran: così Giorgia ha vinto la partita

Gaetano Quagliariello

La Presidente del Consiglio ha potuto far conto sulle sue indubbie doti di empatia umana. Ma queste non spiegano tutto. Ancor più, è stato importante l’essersi potuta presentare come uno dei pochi interlocutori europei che oggi ha alle spalle un po' di solidità politica

Il ritorno in patria di Cecilia Sala rappresenta il felice finale di una partita affatto scontata. Vincerla non era facile. Giorgia Meloni, per «portarla a casa», ha dovuto rischiare. Il viaggio lampo nella residenza del neopresidente americano, eletto ma non ancora ufficialmente in carica, è stato un azzardo. Se non ben calibrato, si sarebbe potuto trasformare in un boomerang, con esiti politici addirittura disastrosi.

La Presidente del Consiglio ha potuto far conto sulle sue indubbie doti di empatia umana. Ma queste non spiegano tutto. Ancor più, è stato importante l’essersi potuta presentare come uno dei pochi interlocutori europei che oggi ha alle spalle un po' di solidità politica. Trump, a modo suo, glielo ha riconosciuto: per adesione alla realtà dei fatti, non solo per simpatia.

Sarebbe però riduttivo - e forviante - spiegare la liberazione di Cecilia Sala solo come il risultato del viaggio lampo a Mar-a-Lago. Sarebbe un modo per semplificare una vicenda dai risvolti, in realtà, assai più complessi. Il governo, infatti, per vincere la partita, ha dovuto giocare su tre diversi tavoli. E, quel che più conta, ha dovuto trovare il modo per determinare tra di essi una qualche forma d’equilibrio.

Sul tavolo interno si è dovuto confrontare con la politica e con l’aspettativa politica. Il ché ha significato doversi far carico, e governare, i riflessi che la vicenda ha prodotto nel mondo dell’informazione e, attraverso di essa, sull’opinione pubblica. Ha dovuto anche tenere nel debito conto la dimensione squisitamente giudiziaria del problema. Perché, a differenza di altri, noi siamo uno stato di diritto nel quale vige la divisione tra i poteri.

Poi, ha dovuto agire sul tavolo dei rapporti con gli alleati. Questo non poteva risolversi in un cordiale colloquio con Trump. Certamente l’aspetto diplomatico ha avuto un ruolo importante. E, in quest’ambito, non sappiamo quanto, ma certamente hanno contato i buoni rapporti intrattenuti con l’amministrazione americana uscente. Perché gli Stati Uniti sono il nostro principale interlocutore, indipendentemente dal Presidente che pro-tempore li rappresenta.

In ultimo, ma solo per ordine espositivo, va considerato il negoziato condotto sul tavolo del rapporto bilaterale con l’Iran: quello del quale si parla meno ma che, invece, dei tre è stato il più rilevante. Perché se Cecilia Sala è stata liberata in tempi così brevi, ciò significa che il rapporto con l’Iran non è pessimo e che lo stato sciita non ci considera alla stregua di nemici irriducibili.

Il che ci introduce a una riflessione finale, di natura geopolitica. Ora che «il fattore umano», che fino a ieri condizionava ogni opinione e ogni commento, si è fatto meno obbligante, dall’esito felice di questa vicenda possiamo trarre conferma che, in politica estera, la vocazione dell’Italia dev’essere innanzitutto mediterranea, protesa verso il Medio Oriente. Da questa vocazione il nostro Paese può trarre risorse per sostanziare il suo ruolo in Europa, nonché la forza per sostenere il rapporto con l’alleato transatlantico da una posizione realistica e non supina.

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