L'analisi
Nord, Sud e l’ipocrisia delle classifiche sulla «qualità della vita»
Ci sarà pure un motivo per cui anche un Calderoli ammetta i suoi peccati verso un Sud che ama come un vampiro può amare uno spicchio d’aglio
E dàlli con questa classifica della «Qualità della vita», puntuale ogni Natale come una tombolata con i tubettini. Fatta da un giornale e non (esempio) dall’Istat, l’Istituto nazionale di statistica, che i dati li ha ogni giorno e non solo alle feste comandate. E classifica col Sud sempre ultimo e a cospargersi la testa di cenere manco anticipasse la Quaresima. Facendosi venire una crisi di depressione dalla quale si rianima solo se magari conquista una misera posizione rispetto all’anno scorso. E con due categorie di meridionali. Quelli sempre pronti a dire che se ne vorrebbero andare dal Sud ma non se ne vanno mai perché nessuno li piangerebbe. E quelli che si vergognano di questa classifica mentre dovrebbero farsi chiedere scusa non da chi la fa ma da chi non fa nulla perché cambi.
Ci sarà pure un motivo per cui anche un Calderoli ammetta i suoi peccati verso un Sud che ama come un vampiro può amare uno spicchio d’aglio. Avendo detto (e già nel 2009) che per il Sud occorre fare ciò che non è mai stato fatto. Cioè calcolare i suoi bisogni, cosa che essendo sempre stata ignorata ha fatto sì che quei bisogni non siano mai stati soddisfatti. E quando si parla di bisogni non ci si riferisce a varie&eventuali che se c’è tempo se ne discute oppure saluti e rinfresco finale. Ma si parla di sanità. Si parla di scuola. Si parla di trasporti pubblici locali. Si parla di asili nido. Si parla di assistenza agli anziani e ai disabili. Si parla di sicurezza. Si parla, insomma, di cosa? Ma proprio di ciò che fa, indoviniamo indoviniamo. Ma la qualità della vita.
E cosa sarebbero i Lep diventati più famosi di Sophia Loren e attorno ai quali si sta ora facendo il gioco delle tre carte? Livelli essenziali di prestazione. Cioè il livello che quei servizi devono raggiungere al Sud dove sono tanto al disotto del minimo da significare violazione permanente della Costituzione. Quella secondo la quale non deve esserci differenza di trattamento dei cittadini secondo dove sono nati. Differenza sempre a favore dei cittadini di quelle città del Nord che, vedi caso, sono sempre ai primi posti della celebrata classifica.
Così sono un po’ teneri come Alice nel paese delle meraviglie quei meridionali che vanno al Nord e se ne tornano con gli occhi pieni di scuole modello e di ospedali che devi vedere come funzionano. E ci mancherebbe. Con la spesa pubblica per ogni cittadino centrosettentrionale superiore a quella per ogni cittadino meridionale una classifica diversa sarebbe impossibile come una Juventus che vince una partita. E che per ogni «nordico» lo Stato spenda sui 3500 euro all’anno più che per ogni «sudico» lo dice lo stesso ministero dell’economia. Ecco perché i meridionali dovrebbero farsi chiedere scusa invece di mortificarsi sempre come brutti, sporchi e cattivi. Perché quella classifica condanna il Sud per tutto ciò che al Sud non è mai stato dato. La Grande Ipocrisia.
Ovvio che nel Paese della (dis)unità d’Italia ci sia sempre qualcuno (anzi più di qualcuno) convinto che se il Sud è così è colpa dei meridionali stessi e non stiano sempre a lamentarsi. Sono diversamente italiani non italiani discriminati. Inferiori, insomma, come disse tempo fa un giornalista tanto conclamato. E anche quei Lep che ora dovrebbero fargli giustizia (come bagaglio appresso della moribonda autonomia differenziata) non è che se la passino tanto bene. Ammesso che si arrivi a riconoscere che al Sud si deve questo, questo e quest’altro, già è stato detto che non c’è un euro per farlo. Il codice penale parlerebbe di truffa oltre che di induzione alla rivolta sociale (più temuta come espressione che come possibilità concreta: ormai troppo tardi, la rana è già bollita).
Quanto alla classifica, inutile poi scomodare l’evangelico non si vive di solo pane. Perché succede che al Sud, per le discriminazioni viste, si stia peggio ma non è detto che non si viva meglio. E che, come dice il paesologo Franco Arminio, ci sia più vitalità a Palermo che a Torino. Sud con un senso della vita, appunto, con più tentativi di imitazione della Settimana Enigmistica. Sud come ultima spiaggia per tanti profughi della trappola della velocità e della produttività. E con una capacità di farcela comunque anche con quella lentezza ormai invocata in tutto il mondo non più come «crimine della ragione». E vivaddio, col clima, Bari prima in Italia: proprio ciò che neanche uno Stato patrigno avrebbe potuto toglierle.
Ha detto tempo fa lo scrittore Erri De Luca parlando di Napoli (penultima in Italia quest’anno, pensate): «C’è qualità di vita in una città che vive anche di notte, con bar, negozi, locali aperti e frequentati, a differenza di altre città che alle nove di sera sono deserte senza coprifuoco. Considero qualità della vita l’eccellenza del caffè napoletano e della pizza. Considero qualità della vita la cortesia e il sorriso entrando in un negozio, la musica per strada. Ma faciteme ‘o piacere. Nelle prossime classifiche eliminate Napoli, è troppo fuori scala, esagerata, per poterla misurare».
(P.S. Dice un amico reduce da Bergamo, prima quest’anno: «Bellissima. Però, che cosa, piove sempre»).