il commento
Gli assurdi equilibri nella Consulta tra destra e sinistra
Mi auguro di non vivere, ma soprattutto di non lasciare ai giovani, un Paese con una Corte costituzionale di destra o di sinistra
Mi auguro di non vivere, ma soprattutto di non lasciare ai giovani, un Paese con una Corte costituzionale di destra o di sinistra. Non voglio impiantati dalle nostre parti i brutti vizi degli Usa, tra i quali eccelle la nomina politica del Presidente della più alta corte della magistratura federale: la Corte suprema degli Stati Uniti d'America (SCOTUS).
Gradirei l’esatto contrario di quelle Alte Corti garanti dell’appartenenza, dell’esercizio scorretto dei poteri legislativi ed esecutivi nell’unico rispetto della Costituzione. Un po’ come avviene negli Usa di utilizzare la Corte suprema per frenare leggi liberatrici dalle «catene» conservatrici, ideologicamente parlando.
Il prossimo giovedì 28, il Parlamento in seduta comune celebrerà il decimo tentativo di eleggere il giudice costituzionale che manca alla Consulta. Occorrerebbero i tre quinti della maggioranza dei due terzi dei componenti del Senato e della Camera. Si è ricorso al condizionale presente, perché verosimilmente sarà l’inutile undicesimo scrutinio. Ciò perché la maggioranza non possiede i numeri sufficienti, perché (ahinoi) l’unità di misura, uno, non è divisibile tra chi governa e chi si oppone. La dimostrazione che la caratteristica statunitense è da tempo in uso diffuso in quello che era il Belpaese. Ma forse potrebbe registrarsi la svolta. Ciò in quanto, si celebrerà contestualmente l’elezione – al suo primo scrutinio - di altri tre giudici (quattro in tutto) mancanti alla Corte costituzionale per conseguire il corretto plenum per deliberare, sino ad oggi impegnata al corto di una unità. In questo caso, si avrebbe modo di arrivare al quorum necessario perché unità numerica di quattro è segnatamente divisibile, meglio spartitoria tra chi governa e chi si oppone, con quest’ultima che porterebbe a casa un suo pregevole componente.
Il gioco delle parti sarà a dominare i preamboli della seduta in perfetta continuità con quelli che hanno preceduto i dieci scrutini, andati a vuoto, per sostituire la eccelsa presidente Silvana Sciarra. Usciranno dalla Consulta un tris di altrettanti pregevoli componenti: il presidente Augusto Barbera e i giudici Franco Modugno e Giulio Prosperetti. Gli ultimi due mancati presidenti solo per la regolamentazione vigente che sta facendo diventare sempre più breve la durata della quinta massima carica della Repubblica.
Tenuto conto di tutto questo, viene davvero lo sconforto a pensare - soprattutto a chi crede profondamente nella magistratura e nel rispetto della Costituzione, che tanto impegno richiese ai De Gasperi, Togliatti e Pertini e a tanti altri padri della Patria e della libertà dal nazifascismo – la politicizzazione del Giudice delle leggi. Dell’insindacabile strumento di Giustizia.
Gli esempi sino ad ora vissuti in Italia, pur essendo la Consulta sottoposta ad una siffatta regola elettiva (cinque eletti dal Parlamento, cinque nominati dal Capo dello Stato e cinque dalle altre magistrature), si sono caratterizzati per la quasi sempre unanimità nel decidere. La prova che il nostro paese giuridico è solido e non facilmente ideologizzabile, per come invece viene sostenuto da quelle parti politiche disabituate e allergiche al sistema dei controlli.
Forse perché emerso dalle ultime elezioni americane, ove è prevalsa la volontà di controllo sulla Suprema corte da parte del presidente in carica, incrementa lo stato di tensione sociale in conseguenza di quanto accaduto per la mancata elezione del giudice sostituto della presidente Sciarra. Un flop politico-istituzionale causato dall’assenza di nove voti per assicurare l’elezione a cura della maggioranza. Un gap che, per la sua esigua entità, avrebbe consentito accordi che avrebbero fatto vergognare il Paese nell’atlante dell’esercizio della giustizia nel mondo intero.
L’occasione della nomina dei quattro Giudici costituzionali può tuttavia costituire l’occasione per dare la migliore immagine ovunque del nostro Parlamento. Scegliere tra i migliori - prescindendo dalle vicinanze ideologiche, dall’appartenenza e dai giuramenti di fede - è quanto deve chiaramente emergere. Tuttavia, sembra che si stia preparando altro, come solito.