L'analisi

Da Fitto una lezione di «moderatismo»: ora l’Ue esca dal pantano

Biagio Marzo

Stanno giocando con il fuoco i gruppi dei partiti della maggioranza che hanno eletto presidente la Von der Leyen, non rendendosene conto che stanno facendo il gioco di Donald Trump e Vladimir Putin, consapevoli di avere a che fare con la Commissione Ue anti trumpiana e anti putiniana

Stanno giocando con il fuoco i gruppi dei partiti della maggioranza che hanno eletto presidente la Von der Leyen, non rendendosene conto che stanno facendo il gioco di Donald Trump e Vladimir Putin, consapevoli di avere a che fare con la Commissione Ue anti trumpiana e anti putiniana. Non a caso, la Von der Leyen ha scelto per la politica estera l’estone Kaja Kallas anti Putin e filo Ucraina. Sulla medesima frequenza si sta muovendo la presidente Meloni e la prova si è avuta con l’audizione di Raffaele Fitto: anti Putin e pro Zelensky.

Sennonché , Trump e Putin sarebbero felici e contenti se la la crisi dell’Unione europea si avvitasse vieppiù. Ci riferiamo al caso dell’esecutivo europeo bloccato per la battaglia dei veti incrociati tra socialisti e popolari spagnoli, spalleggiati dal Ppe di Weber, che imputano delle responsabilità a Teresa Ribera per l’alluvione di Valencia. Chiaramente, la contesa è tra socialisti di Sanchez, che la difendono a spada tratta, e il leader dei popolari Alberto Nunez Feijoo ,il cui obiettivo è quello di far cadere il governo del premier spagnolo. Il giorno della verità sarà oggi quando la ministra alla Transizione ecologica, Teresa Ribera, parlerà al Parlamento spagnolo per ricostruire i fatti sull’alluvione che investì Valencia, con più di 200 morti e 800 mila spagnoli colpiti dalle inondazioni. A ben vedere, il presidente della regione Valenciana è guidata dal presidente dal popolare Carlos Mazon, che non è esente di colpe. Lo scontro è tutto spagnolo, ma si ripercuote sull’Ue, la cui sorte è diventata complessa per usare l’espressione eufemistica.

In questo scontro al calor bianco, i socialisti hanno posto i veti alla vice presidenza di Raffaele Fitto e al commissario ungherese Oliver Varhelyi. Sollevando il fatto che Erc e i Patriotti non hanno votato la Von der Leyen alla presidenza Ue. In più, il gruppo socialista teme che ci sia da parte della presidente e di Manfred Weber, capogruppo del Partito popolare europeo, uno spostamento a destra dell’asse politico, superando la maggioranza tra socialisti, popolari e liberal-democratici e Verdi che avevano eletto presidente la Von der Leyen.

La preoccupazione non nasce a caso, ma è provata dalla approvazione della legge sulla deforestazione passata con il voto dell’estrema destra, Afd, di fatto, contro la maggioranza Ursula. Non ci si può nascondere dietro un dito, la crisi dell’Unione europea è una cosa seria e, per via dei contrasti nazionali - leggasi Spagna- si è acuita con il rischio che salti tutto in aria, compresa la presidenza della Commissione. Sarebbe un fatto inedito e si andrebbe di nuovo al voto anticipato alle europee. Ed è pronto il sostituto Von der Leyen: Mario Draghi.

Finché le diatribe nazionali si sovrappongono alla politica europea, non ci sarà pace e l’Ue vivrà una crisi strisciante. Al dunque, è passata alla Von der Leyen e, quindi, al Ppe la patata bollente, per cui spetta soprattutto a lei risolvere, politicamente, il problema della nomina dei sei commissari. A dire il vero, mai la situazione aveva raggiunto l’impasse simile e chi è stato messo sulla graticola, è Raffaele Fitto, il cui esame davanti alla commissione l’ha superato brillantemente, da politico navigato e preparato ad affrontare qualsiasi procella. Democristianamente parlando, ha dato una lezione di moderatismo e di un europeismo con i fiocchi. Agli attacchi degli avversari, ha sempre risposto a tono e, talvolta, assumendo la forma di concavo e convesso, eredità berlusconiana, per evitare polemiche sopra le righe. Fitto è una risorsa, di cui l’Italia non avrebbe potuto disfarsi, talché, il Capo dello stato ha voluto farlo rilevare, ricevendolo al Quirinale prima e dopo l’audizione. E, comunque sia, ha voluto blindarlo e, nello stesso tempo, indicarlo come candidato super partes, gradito al Presidente della repubblica italiano.

Oltre all’autorevole endorsement del Capo dello Stato, Raffaele Fitto, ha avuto anche quello di Paolo Gentiloni e l’apprezzamento del professore Giulio Napolitano figlio di Giorgio. Tra Schlein e Meloni: «piange il telefono«. La leader Dem ha puntualizzato che ha cercato la premier, ma non ha risposto e ha precisato che non c’è alcun veto su Fitto. Epperò, alla delegazione del suo partito, a Strasburgo, aveva dato indicazione di seguire la linea della capogruppo Pse, la spagnola Garcia Perez. Vale a dire una posizione dura alla nomina di Fitto. Alla luce dei fatti, ha zigzagato, per poi raddrizzare il tiro vuoi per Mattarella vuoi per il maldipancia della corrente riformista: i «Responsabili”».

I tempi sono stretti e la crisi bisogna sbrogliarla prima dell’assemblea plenaria del Parlamento di Strasburgo del 27 novembre. Intanto, la Von der Leyen ha ribadito che andrà avanti con la squadra dei commissari designati. Ed è convinta che il governo europeo entrerà in funzione il 1 dicembre. Dio ce la mandi buona!

Privacy Policy Cookie Policy