LA RIFLESSIONE
La cittadinanza? Non è né di destra né di sinistra (e Gaber aveva ragione)
Insomma se a scuola uno impara tutto in italiano e impara la patria e canta l’inno, com’è che poi scopre che per essere italiano non basta?
Tutta colpa di Giorgio Gaber. Per esempio, è vero che fare il bagno nella vasca è di destra e la doccia è di sinistra? E che i jeans sono di sinistra e la giacca di destra? Metti una classe media qualsiasi in una scuola come quelle che fra poco si apriranno, caldo permettendo (a proposito, il caldo è di destra o di sinistra?). Ci sono due ragazzini di pelle scura, una femminuccia e un maschietto. Alila e Malhou. Non dovrebbero essere né di sinistra né di destra, ma chissà perché l’anno scorso non hanno partecipato a una gita in Spagna. Era tutta pagata dalla scuola, non c’erano problemi economici.
Ma non avevano documenti in regola perché senza nazionalità in regola. I due sono però sempre presenti a ogni festa di compleanno o di onomastico dei compagni, agli stessi giochi, agli stessi pomeriggi al cinema. Insomma sarebbero come tutti gli altri, se non fossero diversamente compagni rispetto agli altri: non sono italiani.
Ma come, ma se sono nati in Italia? Insufficiente, signora mia. E che sangue hanno, me lo vuol dire che sangue hanno? Bisognerebbe fare un’analisi, come se il sangue non fosse sempre dello stesso colore anche per chi dice di averlo blu. I due hanno però genitori ghanesi o ivoriani emigrati da noi. D’accordo, ma sono nati in un ospedale di qui, frequentano scuola qui, vanno al nuoto e alla ludoteca di qui. E con le nuove disposizioni del ministro Valditara, da quest’anno dovranno imparare concetti come rispetto, eguaglianza, solidarietà. E la patria, la patria. Dovranno imparare ciò cui non hanno ancora diritto, dovranno imparare cosa significa eguaglianza loro che sono le prime vittime di una diseguaglianza.
Loro che cantano l’inno nazionale insieme agli altri senza che la nazione si occupi di loro.
Chissà che ne direbbe Gaber. Ma in Italia sei italiano se hai sangue italiano più che essere nato su suolo italiano. Il richiamo al sangue, brividi primordiali. Razza ariana, si diceva. È molto probabile che il cantautore milanese l’avrebbe messa più sul buonsenso che non sull’ematologico. Ma Alila e Malhou la prossima volta si scelgano padri diversi, oppure dovranno aspettare i 18 anni per essere uguali a tutti gli altri e non quasi come ora. E non è detto, e poi a 18 anni ce l’avranno già un lavoro indispensabile per non essere espulsi mentre i loro compagni andranno dritti all’università?
Perché in Italia vale lo ius sanguinis e non lo ius soli, il diritto del sangue e non quello del suolo.
E perché in Italia si sta ancora a discutere (come in questi incandescenti giorni) sullo Ius scholae. Insomma se a scuola uno impara tutto in italiano e impara la patria e canta l’inno, com’è che poi scopre che per essere italiano non basta? E se poi c’è un fenomeno del calcio come Yamal in Spagna, com’è che lì uno Yamal non ancora diciottenne può giocare nella Nazionale di calcio e in Italia no, pur avendo Yamal padre marocchino e madre equatoguineana?
Il fatto è che, signora mia, l’Italia è un Paese che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo per capire che le «cose da pazzi» non sono solo neurologiche. Perché noi abbiamo bisogno di Alila e Malhou almeno quanto loro hanno bisogno di noi. Certamente loro ci amano più di quanto noi amiamo loro. Noi non facciamo figli, a volte perché non possiamo più permettercelo, a volte perché non sapremmo dove metterli quando abbiamo da fare, a volte perché sarebbero un impedimento alla nostra gaudente vita. Quindi cominciamo ad avere più morti che nati. Ma i figli ci servono se non vogliamo diventare un sempre più piccolo e povero Paese. Se non vogliamo il grande gelo. Addirittura i figli ci servono se vogliamo continuare ad avere le pensioni. Noi abbiamo bisogno di chi raccoglie i pomodori in Puglia, di chi ci apra e chiuda il garage, di chi ci metta il cartongesso in casa, di chi guidi i Tir, di chi ci serva a ristorante, di chi badi ai nostri anziani, di chi innaffi i prati. E tanti fra loro sono le Alila e i Malhou che abbiamo fatto aspettare fino ai 18 anni per riconoscergli dignità. Perché farlo sarebbe «di sinistra» e la «destra» davvero non può anche se volesse.
La capitana delle «nuove» stupende italiane che ci hanno commosso con l’oro olimpico nella pallavolo è quella Myriam Sylla che tutto il mondo ci invidia: genitori della Costa d’Avorio e lei italiana già (o solo) a 15 anni, un’eccezione. Fra le «cose da pazzi» all’italiana c’è una chicca. Ne abbiamo tanto bisogno che a farne arrivare mezzo milione di «non irregolari» all’anno su richiesta delle imprese è lo stesso governo che vede l’immigrazione più come problema che come opportunità. In verità anche gli altri governi nel tempo poco hanno fatto per cambiare. Ora l’occhio è più al consenso della «pancia» degli elettori che al bisogno nazionale, più alla paura che alla necessità. Questo del suolo o del sangue o di che altra genialata sarebbe appunto troppo di sinistra per essere accettato dalla destra.
Lo aveva già capito Gaber trent’anni fa: «Destra sinistra, destra sinistra: e basta!».