L'opinione

La (in)felicità della video-vita di tutti noi

Enrica Simonetti

Alta, bionda, borsa griffata. La «bambina» con le labbra rifatte che mi sta guardando emerge da un video di TikTok con l'hashtag sonofelice: è seduta in un bar famoso di Roma, a sua volta griffato, dove uno spritz costa quanto il pranzo di un comune mortale

Alta, bionda, borsa griffata. La «bambina» con le labbra rifatte che mi sta guardando emerge da un video di TikTok con l'hashtag sonofelice: è seduta in un bar famoso di Roma, a sua volta griffato, dove uno spritz costa quanto il pranzo di un comune mortale. Per fortuna il mondo è vario e – senza falsi moralismi - ci sono tanti modi per vivere la propria felicità, quella che Trilussa definiva una piccola cosa, come «un'ape che si posa su un bottone di rosa/ lo succhia e se ne va». Ma erano altri tempi, lontani dall'era in cui viviamo, risucchiati dal web, circondati dalle api del marketing che impollinano ogni secondo il nostro cervello.

Provate a fare un giro dei video che spopolano sui social e vi renderete subito conto di quale sia l'humus in cui cresciamo e invecchiamo. Humus? Sì, la parola latina che indica il substrato di fattori sociali e che ormai moltissimi (ad ogni età!) citano come hummus, che sarebbe invece la crema di ceci di cui dobbiamo sorbirci ricette e live a volontà. Ecco, è l'esempio banale della confusione globale oramai indotta e insediata nei nostri corpi di ex cittadini e cittadine: quella vita parallela in cui sono probabilmente cresciute anche le ragazzine finite in questo terribile giro di prostituzione minorile scoperto a Bari. Troppo facile dare la colpa alla loro voglia di abbigliamento vip, alle famiglie disattente (non dimentichiamo che i genitori in questo caso hanno dato il via alle indagini), alla scuola assente, alle cattive amicizie. Ogni recriminazione fa star bene chi la pronuncia, ma questa volta lo sguardo dovrebbe andare oltre, in quell'orizzonte vuoto che domina ormai le nostre esistenze, sospese in una video-vita che non ci meritiamo.

Come nel caso del terribile scandalo delle «Parioline», le ragazze romane che si prostituivano - e sulle quali indagò la giornalista barese Marida Lombardo Pijola, scomparsa nel 2021 – anche in questa vicenda ci sono il sesso e i soldi ma (non dimentichiamolo) ci sono pure gli uomini quarantenni, cinquantenni, capaci di rispondere pienamente all'offerta di minorenni, orgogliosi di un selfie in hotel con una sedicenne. Anche per loro una video-esistenza, fatta di desideri a buon prezzo, senza compiere alcuno sforzo se non l'impegno di una piccola manciata di euro. Lo schiavismo, poi, lo sfruttamento di queste e di altre ragazze, continua a gridare vendetta: le giovanissime dall'Est che vediamo agli angoli nelle nostre città sono le altre vittime di questi giri, insieme alle piccole migranti violentate dagli scafisti o vendute ancor prima di partire.

Un mercimonio sicuramente criminale che è insito nella Storia, purtroppo, con i tanti sacrifici che in ogni era le adolescenti hanno dovuto subìre. Ma oggi la questione è ancora più grave e più subdola. Dove prosperano l'innovazione e la cultura dei diritti non dovrebbero esservi più spazi per questi traffici. Ma basta guardarci attorno per capire che questa resta un’utopia.

Ora che tutti punteranno il dito sulle vittime, sulle famiglie, sul vuoto sociale di un mondo che ha perduto il senso, serve riflettere anche sul peso di una mentalità chiusa e deleteria che continua a soffocarci. La lezione di libertà non è prevista da alcuna scuola, ma se almeno si potesse creare uno spazio di riflessione e di iniziativa sulle tante risorse positive del web, chissà, forse alcuni aspetti delle nostre storie quotidiane potrebbero cambiare. Il web non è solo male, rabbia e solitudini, maschilismo. Ieri, sullo stesso social netwok, subito dopo la ragazza griffata #sonofelice, girava il video della ventenne Isabella, della stazione radio Wkcr, aperta senza mezzi dagli studenti della Columbia University che stanno occupando per protestare contro gli orrori di Gaza. È una giovanissima che racconta con ardore ciò che sta accadendo, ciò che forse gli altri giornali non dicono. Anche lei è felice. Si può essere d’accordo o in disaccordo, ma ascoltare il suo entusiasmo, il suo credere nella comunità, nelle generazioni, nella forza dello stare insieme e nel futuro, contagia e impollina positivamente: dà felicità.

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