L'analisi

Il canto di pace del dialogo interreligioso

Vinicio Aquaro

Le religioni sono un assoluto umano, spesso hanno comportato violenza e martirio e le loro guerre risultano tra le più strazianti nell’universale vicenda storica

È un pomeriggio avanzato, quasi sera, di un giorno della Settimana Santa di quest’anno bisestile. È l’ora lunga per meditazioni morali e religiose di tutte le genti comunque sedenti sul pianeta Terra. È una folla di ben otto miliardi e duecento milioni di persone che, pur usando idiomi assai differenti e pur vivendo esperienze complesse, non sempre condivisibili, recuperano in questi giorni davvero eccezionali una proporzione di reciprocità che merita marcatura e riflessione.

Le religioni sono un assoluto umano, spesso hanno comportato violenza e martirio e le loro guerre risultano tra le più strazianti nell’universale vicenda storica. Ma, osando rivedere il passato e quello che fermenta nel contemporaneo, alle minacce insorgenti dai quattro punti cardinali sembra ora associarsi il contro-canto della pace possibile, quella suggerita e garantita dal Dio approdante nel consenso e nella negazione, nell’adorazione e nella dimenticanza. Dio però è fortemente pericoloso perché non è impellente, è invece paziente, insopportabile fino alla nostra accettazione di Lui, potente e servitore. È l’eternità di Dio il nostro limite; essendo Lui eterno non ha fretta, non ha urgenza, la sua pazienza gli è ontologicamente connessa e il suo servizio è nella infinitudine delle sue operazioni. Ovviamente, cifra di lettura questa che un limitato fa di un Illimitato.

Allora è il calendario di questi giorni l’occasione favorente comuni pensieri e desideri di pace e di socialità. Per i cristiani la Pasqua è salvezza, pace, preghiera e solidarismo; per i musulmani ora si celebra il Ramadan che comporta preghiera, digiuno, astinenza ed elemosina; e siamo ad oltre la metà degli umani. Questo è anche tempo di primavera perciò ambito sincero e giusto per l’esplosione delle religioni naturali che rintracciano il Creatore nella vigoria promettente di tutto quanto la natura e la biologia riescono e sanno esternare a piene mani.

Insomma, ci ritroviamo in un concentrato tempo di religione perché le situazioni contestuali suscitano comportamenti umani, un po’ dovunque, effettivamente religiosi perché spersonalizzati. Il privatistico, l’egoistico, l’arbitrario, il non sociale si attenuano consentendo al positivo delle compatibilità di affiorare meglio e di compartecipare attivamente all’effettivo bene delle persone e dei popoli.

Tali pensieri ci portano alla religione delle religioni, alla piattaforma che ci offre di vivere convivendo e non guerreggiando, violentando, ammazzando, annegando, sottraendo. In un siffatto clima eticamente ragionevole ci accorgiamo di essere tutti un po’ interreligiosi. Così le religioni smettono di essere scelte litigiose, partite dove per vincere è necessario che ci siano sconfitti e vittime. Cercando così di rendere più vero il Dio vero che non ha bisogno di vittime per dirsi Vincitore. Riconoscere la multilateralità religiosa non significa pertanto confondersi e confondere riducendo il teologismo al qualunquismo. Significa invece entrare nel vocabolario di Dio per poter ragionare di bontà, di progresso, di benessere, di rispetto, di amore e di altruismo. In quel vocabolario non esistono coniugazioni a perdere, a sottrarre, a danneggiare, a mortificare, ad affliggere, a sconcertare. Comunque, pur nei nostri limiti, ci appartiene la possibilità di cambiare al positivo e al promettente la segnaletica dei nostri percorsi e delle nostre destinazioni. In proposito non serve enciclopedismo, in tal caso pioverebbe sul bagnato. Una felice provocazione mi è giunta ieri sera dal Marocco attraverso WhatsApp.

È il pomeriggio avanzato che apre questa pagina a dimostrazione del fatto che da un breve saluto pervenuto da una casa del Marocco, lontana dalla nostra Puglia almeno quattromila Km, e pronunciato in ottimo linguaggio berbero da una signora di 103 anni, può scattare l’attenzione a qualcosa di veramente grande e umanamente essenziale. È Fadma Marzak attiva governante domestica in un suo caseggiato d’alta collina (840 m.) in zona Douar Ait Alla, comune di Bin El Ouidane, provincia di Azilal (Marocco), nonna impegnatissima appunto in questo nono mese lunare nella celebrazione del Ramadan. Premurosa nonna di un mio amico, Hicham Aamrani attuale Imam presso la moschea di Santeramo in Colle. La figura di una nonna di 103 anni, operosa e religiosa, offre una dimensione di alta Fadma Marzak, di anni 103 (Marocco) dignità esistenziale e di giusta valorialità. È l’esatta funzione dell'esistere che emerge facile e pronta e che mormora apparentamenti e somiglianze. Il pensiero di tanta anzianità e di tanta lontananza fa apprezzare «La Gazzetta del Mezzogiorno che con i suoi fecondi 137» anni di vita è fedele cooperatrice storica della Puglia e della Basilicata nell’impegno di crescere nonostante il Sud ostacolato.

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