Il pensiero

Tante parole, poche risorse: ecco perché sulla sicurezza ci restano solo gli slogan

Bepi Martellotta

Meno risorse in arrivo. Per lo più destinate a immigrazione e opere pubbliche. Mentre si riducono drasticamente gli stanziamenti per la sicurezza

Meno risorse in arrivo. Per lo più destinate a immigrazione e opere pubbliche. Mentre si riducono drasticamente gli stanziamenti per la sicurezza. È così che la legge di bilancio, sdoganata dal Governo a fine anno, si tradurrà sull'attività di comuni, città metropolitane e province. Cui sono destinati quest’anno trasferimenti ridotti di circa un terzo rispetto al 2023 e quasi dimezzati rispetto a due anni fa.

«Sta la crisi», direbbero a Bari. Ma colpisce che il governo più incallito sulla «sicurezza», nelle città (per la criminalità), nei porti (per l'arrivo di immigrati), nelle case (per femminicidi, minori etc...), liberi qualcosa come 250mila euro (sic!) per tutti i comuni italiani chiamati a gestire con quegli spiccioli la «sicurezza».

Verrebbe da dire che questa parola, sicurezza, sia più un refrain, un totem, uno slogan da esibire per tenere buoni i cittadini, che altro. Quelli di Milano, ad esempio, che hanno paura di finire in mezzo ad un regolamento di conti tra trapper mentre fanno shopping. Quelli di Roma, che in periferia assistono a pistolettate quotidiane. Quelli di Firenze o Palermo,che temono succeda di tutto ai propri figli fuori dalle discoteche. O quelli di Bari, che in piazza Moro non vogliono andarci più per le risse tra migranti, clochard, tossicodipendenti e poveri diseredati dimenticati da Dio, dagli uomini e pure dal governo Meloni.

Ma come? Il Governo Meloni-Salvini? Quello di Fratelli d'Italia che annuncia più «ordine» in tutte le piazze d’Italia dai tempi di Allenza Nazionale e che voleva schierare le navi sul globo terracqueo per fermare gli scafisti? Quel Governo del Carroccio, che dai tempi del senatur Bossi e via via, poi col «Capitano», ha promesso linea dura contro i criminali che vanno a insidiare i negozianti, gli immigrati che invadono i nostri mari e che minacciano di cambiare la «razza», gli scapestrati dei rave party che insidiano le campagne e chi più ne ha più ne metta? Ebbene sì, è quel Governo: 250 mila euro, destinate ai sindaci e la cui unica funzione potrà essere - fra quelle a gestione diretta comunale che riguarda questo ambito - quella di finanziare l’installazione di colonnine d’emergenza in aree critiche. Aivoglia a lagnarsi, ben 7.896 comuni italiani dovranno gestirsi così la «sicurezza» in capo ai Municipi (dunque, al netto delle Questure e delle forze armate, che fanno capo ai ministeri, e dei 3 miliardi destinati al rinnovo del personale della p.a.). Con 250mila euro...

A fotografare la situazione è stata, nei giorni scorsi, un’analisi del Centro studi Enti locali. Le risorse che la manovra affida a tutti enti locali sotto forma di gestione diretta ammontano, complessivamente, a quasi 1,4 miliardi: una cifra già di per sé inferiore rispetto a quella delle precedenti manovre finanziarie (circa 1,6 miliardi nel 2023 e 2 miliardi nel 2022), ma che scende ulteriormente a circa 1,1 miliardi di euro se si sottraggono i 299 milioni di tagli applicati dalla stessa norma ai trasferimenti destinati a Comuni, città metropolitane e province. Una «spending review» non da poco, se si tiene conto dell’effetto inflazionistico sui contratti di servizio (trasporti pubblici, welfare etc..) e dei rinnovi contrattuali per il personale. Nel decennio 2011-2020, infatti, gli enti locali hanno perso circa un quinto dei propri addetti, ma ora ci sarà da gestire la spesa del Pnrr e si dovrà correre sul personale della p.a.. Con meno soldi, appunto,e una “sicurezza” che viaggia sulle parole. Andiamoli a vedere questi fondi, con l'aiuto del Csel.

Il grosso delle risorse che l’Esecutivo affida direttamente agli enti locali è destinato ad immigrazione (486 milioni) e opere pubbliche (484 milioni), che assorbono quasi tre quarti dell’intera somma. In particolare, la voce immigrazione (che contiene anche i fondi per la crisi Ucraina) acquista maggior peso rispetto agli anni precedenti: ma, rileva lo studio, «in assenza dei decreti attuativi non è possibile quantificare esattamente in che misura» le risorse «atterreranno nelle casse dei comuni». Sul fronte delle infrastrutture, invece, complessivamente la spinta «risulta depotenziata - si osserva - rispetto alla precedente manovra che aveva puntato più di metà delle risorse in questa direzione» (circa il doppio, 851 milioni). Ma in questo caso, come noto, la grande partita delle opere pubbliche si è fermata di fronte ad un altro «totem»: il Ponte sullo Stretto, che ha assorbito attenzione (e impegno di spesa) di mezzo Governo. C’è da fare il Ponte, al diavolo strade, ferrovie, aeroporti, bis e tutto quello che serve alla mobilità.

Ma andiamo oltre: i fondi per gli enti locali sono poi destinati a voci che vanno dalla neutralizzazione dell’effetto pandemia (113 milioni) allo sport (90 milioni per gli interventi correlati ai Giochi del Mediterraneo di Taranto), dagli enti in criticità finanziaria (70 milioni) agli enti svantaggiati che rischiano lo spopolamento (40 milioni) alla scuola (30,2 milioni). Quasi 13 miliardi, poi, sono destinati agli enti locali per la voce cultura, 4,6 al capitolo servizi sociali, 4,7 milioni vanno agli enti colpiti dal sisma (4,7 milioni). E poi c'è quel fanalino di coda, la sicurezza. «Nel 2023 – riferisce il Centro Studi - le misure riconducibili a questo ambito avevano un peso specifico di circa 20 milioni di euro, l’anno precedente circa 5 milioni». Oggi.... 250mila euro.

Nel 2024 accontentatevi. E continuate a indignarvi dell'«insicurezza» in cui vivono le nostre città. Non preoccupatevi, «ci batteremo per voi» dirà qualche parlamentare di maggioranza nei prossimi talk show. Per le risorse, però, se ne parlerà un’altra volta. «Sta la crisi».

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