L'analisi
Il vero regalo di Natale per la sanità sarebbe... fermare le disuguaglianze
I dati Agenas 2023 confermano che, in buona sostanza, il Nord batte il Sud ben sei a zero
La politica può fare un regalo agli italiani: ripensare il modello di Sanità per appianare, in primis, le diseguaglianze.
I dati Agenas 2023 confermano che, in buona sostanza, il Nord batte il Sud ben sei a zero. Non si tratta di un risultato da incontro sportivo, ma di dati reali licenziati dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che si occupa di valutare lo stato dell’offerta reale e la percezione dei cittadini.
Allora, sappiamo ormai bene che la diseguaglianza tra settentrionali e meridionali non sta nella qualità singola dei medici, infermieri, ecc. ma nei sistemi differenziati: il ché comporta come ogni regione risponda diversamente all’assistenza a cui è tenuta.
È una questione improcrastinabile se davvero teniamo al rispetto del principio primario per cui è nato il servizio sanitario nazionale con la legge 833 del 1978.
«Il servizio sanitario nazionale nell'ambito delle sue competenze persegue: a) il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese». È quanto prevede precisamente la legge degli anni Settanta in materia. D’altronde si potrebbe come tale normativa sia non altro che ispirata a quel famoso art. 3 della Costituzione che enuncia proprio l’uguaglianza e la parità di trattamento.
La realtà dei fatti, purtroppo, descrive altro. La struttura repubblicana è stata ripensata nel 2001 seppure non cambiando volto: la politica affidò alle regioni il cosiddetto potere concorrente di legislazione in materia sanitaria. Ma nessuno può negare (né politici, né giuristi, ecc.) come il potere centrale dello Stato sia davvero residuale se non quasi ininfluente riguardo alle garanzie qualitative sanitarie (lasciando da parte quelle quantitative per questa volta).
La prova provata è nei dati, nelle statistiche e nei viaggi della speranza che non cessano di arrestarsi ed anzi, a quanto appena detto, va aggiunto un elemento crescente in più: sempre più gente rinuncia a curarsi (circa il 33% degli italiani nel 2023 secondo Eurispes).
Non bisogna arretrare rispetto ad una presa di coscienza collettiva: le cose, così come stanno, non vanno bene.
E non vanno bene non solo sul piano sociale, ma prima di tutto giuridico-politico. Quest’ultimo aspetto è determinante perché il diritto è partorito dalla politica e scandisce le logiche sociali.
Se, quindi, il complesso di norme deriva da una scelta politica, è vero anche che la scelta politica del 2001 ha favorito l’acuirsi di venti sistemi sanitari differenziati che vivono sempre più di aspetti competitivi: da qui i viaggi della speranza e non solo perché c’è anche la qualità di vita da considerare a livello geografico.
Non è un caso che le differenze nette e maggiori tra regioni sono cresciute con l’avvento dell’iper autonomia sempre effetto della riforma del Titolo V di vent’anni fa orsono.
Abbiamo un dovere come Paese: o si cambia (e si fa l’Italia unita ed omogeneamente servita a livello sanitario qualitativo) o la disgregazione funzionale del sevizio sanitario nazionale sarà cosa certa.
Infatti non si tratterà di smantellamento, ma appositamente di disgregazione ovverosia quella dimensione latente che già da molti anni ci sta conducendo a ridurre la speranza di attendersi una dignitosa livellatura sanitaria al Sud.
Perdipiù poi, è proprio la scomparsa del Mezzogiorno dalla Costituzione italiana l’altro problema giuridico-politico. Infatti, chi pensava che facendo sparire il termine dal Titolo V avrebbe permesso uno scatto di reni delle regioni meridionali per competere in un’ottica perequativa si sbagliava di grosso. È risultato proprio il contrario perché le regioni del Nord rivendicano maggiore autonomia e trattenimento delle risorse di gettito erariale che maturano per effetto del pil e reddito pro-capite nel settentrione.
Cosa rimarrà se non si agisce in controtendenza? Che tra un po’, invece dell’autonomia, qualcuno potrà dichiarare l’indipendenza da Roma.
Ne va della salute, anche di quella Repubblicana.