L'approfondimento

La «foto» del Censis: Italia sonnambula, ma fino a quando?

Rossana Gismondi

Il Censis (Centro studi sociali) «scatta» da 57 anni la foto del nostro Paese. Ci racconta della «vitalità» del «furore» e anche della «rabbia» che il popolo italiano via via negli anni, rappresenta di sé

Il Censis (Centro studi sociali) «scatta» da 57 anni la foto del nostro Paese. Ci racconta della «vitalità» del «furore» e anche della «rabbia» che il popolo italiano via via negli anni, rappresenta di sé.

L’immagine 2023 ci delinea «sonnambuli». Che non è affatto una buona cosa. Anzi: un eufemismo gentile per non definirci rintronati, svogliati, apatici. Sfiduciati. Saremo nel volgere di pochi anni molto più vecchi: solo una coppia su quattro sceglierà di mettere al mondo un figlio. Perché il mondo ci preoccupa non poco: cambiamento climatico, crisi economica, debito pubblico, guerre. Ma anche un declino inarrestabile del sistema Italia: giovani sfiduciati che emigrano per trovar lavoro. E anche qualcuno che li apprezzi: perché il sistema Italia risente, con ogni evidenza, da Nord a Sud della mancanza di meritocrazia.

Che diventa mancanza di competenza, in ogni dove. Che diventa colonizzazione politica e clientelare.

Ora: gli italiani sonnambuli hanno più di una ragione per svegliarsi la mattina e rigirarsi dall’altro lato del letto per riprender sonno. Si può non essere sfiduciati dinanzi alla ripetuta incapacità - continuata e trasversale ad ogni governo - di programmare strategie per il Paese durevoli più di due tre stagioni? Già: la nostra politica tutta chiacchiere e distintivo, facce feroci e slogan, manca di visione. Ma non di privilegi.

E i risultati sono questi: sfiducia. Con l’idea ormai radicata che tutti, una volta al comando, diventino uguali. Che uno vale l’altro. Il 21,8% dei giovani fra i 18-34 anni alle prossime elezioni politiche pensa di non votare. E l’astensionismo veleggia già verso il 40%: il partito più forte, quello della sfiducia.

E val la pena combattere contro i mulini a vento di quanti, comodamente e lucrosamente inchiodati ai vari poltronifici italici, pontificano sulle nostre teste decidendo dei nostri destini senza neppure sapere quanto - di rincaro in rincaro - costa un litro di latte o quanto possa essere pericoloso camminare di notte - senza scorta, ovvio - in una qualsiasi stazione di una qualsiasi città italiana? Quando un italiano la mattina si sveglia e apre gli occhi su un giornale, su un tg, su un social, e apprende di 30mila innocenti incappati in malagiustizia e ospiti delle patrie galere - notizia data da un ministro della Repubblica - come volete che si senta?

Quale atteggiamento può assumere verso il futuro, il malcapitato che - dovendo affrontare il pagamento di un mutuo a tassi sanguinari non sa che da parte incominciare a combattere per la solita giornata di sangue e merda? E mentre gli italiani di una classe media impoverita e invecchiata si destreggiano stancamente, nell’area Ocse il reddito reale delle famiglie aumenta dello 0,5% mentre in Italia diminuisce dello 0,3%. Come possono guardare a un già risicato futuro i pensionati, bancomat prediletto dei Governi, senza che un solo vitalizio, un solo privilegio della politica (alla Regione Puglia, i consiglieri ci provano sempre a ripristinare il trattamento di fine rapporto) vengano ritoccati almeno per decenza e solidarietà con chi combatte guerre di sopravvivenza al supermercato sottocasa?

«Siamo seduti sopra una bomba innescata, pronta ad esplodere» rileva il direttore generale del Censis, Massimiliano Valerii.

Nell’Italia distopica ce ne siamo accorti in tanti, ma non quelli che dovrebbero e potrebbero agire. Il Palazzo - tutti i Palazzi di questo Paese - distante dal popolo. Ricordate? «Il Popolo ha fame, Maestà, non ha pane». «Ebbene - rispose la regina, guardando dalle finestre il popolo in tumulto armato di forconi e mazze - date loro brioches». Noi in Italia, ci siamo quasi: per ora siamo sonnambuli e incapaci di vedere. Sfiduciati, già. Ma quanto potrà durare, ancora?

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