L'analisi

Quando i «no» sono troppi è difficile creare un Sud davvero «green»

Lino Patruno

Che il territorio vada difeso, è più chiaro di un cielo mediterraneo d’estate. Ma che siano ecologisti incontaminati solo quelli che si oppongono senza distinguere, è più oscuro di un cielo scandinavo

«Eio ti dico no no no perché invece sì sì sì», cantano i bambini in una babydance. E dai bambini, come è noto, bisogna sempre imparare. Soprattutto in Puglia, dove i no sono sempre più ostinati di quelli di Delia Scala a Domenico Modugno in Tre briganti e un somaro. No a qualsiasi opera pubblica. Qualsiasi, a prescindere.

Ma il fatto è che non è mai esploso né ha messo in fuga i turisti il gasdotto Tap approdato a Melendugno, benché a lungo osteggiato come l’apocalisse. Anzi ci ha dato gas anche ora che la guerra in Ucraina minacciava di tenerci a secco. E ora ci darebbe addirittura una compensazione, insomma quel risarcimento (33 milioni) dopo che i Comuni interessati l’avevano rifiutato come la peste (anzi allora i milioni sarebbero stati 50).

Che il territorio vada difeso, è più chiaro di un cielo mediterraneo d’estate. Ma che siano ecologisti incontaminati solo quelli che si oppongono senza distinguere, è più oscuro di un cielo scandinavo. Aggiungici chi considera ogni impresa un demonio. Il carburante più ecologico oggi utilizzato è il Gnl, gas naturale liquefatto.

Sempre più usato soprattutto dalle navi, quelle da crociera comprese. Ma il no a un serbatoio a Brindisi potrà anche significare l’esclusione di quel porto dal sempre più intenso (e fruttuoso) traffico turistico via mare. Eppure, no. Perché? Perché siamo già una città martire sull’altare dell’energia.

A cominciare dalla centrale a carbone di Cerano, che ora si chiede addirittura di non chiudere perché altrimenti chi lo darebbe tutto quel lavoro? Ma il gas naturale non è appunto carbone. Eppure, no.

Non dimenticabile è a Brindisi la lunga storia del rigassificatore, altra potenziale bomba ad orologeria nell’opinione dell’amministrazione dell’epoca. Avrebbe compromesso il futuribile skyline (profilo) marino della città.

Quindi rigassificatore approdato altrove con conseguente vantaggio perso, e skyline ugualmente svanito come neve al sole. Ma no in Puglia anche alle navi rigassificatrici, vade retro. Quelle navi sulle quali si basa buona parte dell’energia del futuro, visto che sono in grado di portare gas liquefatto da ogni parte del mondo. E senza molesti e costosi gasdotti per giunta. No.

No medesimo anche al depuratore di Sava-Manduria, quello che avrebbe compiuto il delitto di liberare la costa (e che costa) dalla piacevolezza dei liquami di fogna. Quando infine il depuratore ce l’ha fatta, quella meravigliosa costa balneare (appunto) si è conquistata una bandiera blu che altrimenti non avrebbe avuto neanche a pagamento. E lasciamo stare (perché ancora in corso) il no a qualsiasi piano per debellare la Xylella, che nel frattempo si è debellati 20 milioni di ulivi pugliesi, salentini in particolare. Gli ulivi si ammalano ma rinascono, l’argomento anche sentimentale dei no.

Ma davanti a quelli che sono risorti, la stragrande maggioranza degli altri sono diventati paesaggio di morte, che anime buone cercano di santificare almeno in opere d’arte del rimorso.

Ma la Puglia del no ora si dà una botta di ipocrisia e impone le sopra dette compensazioni. Che giuste erano e giuste sono. Anzi ora il Tap addirittura raddoppierebbe, raddoppierebbe il provvidenziale gas in arrivo e senza addirittura metter mano ai 63 chilometri della tubatura in loco. Ma per le compensazioni c’era già una legge nazionale del 2004 (2004) che nessuna giunta regionale pugliese aveva attivato populisticamente affiancando i signori del no. Compensazioni che spettano anche perché la Puglia è seconda in Italia per la produzione di energia dopo la Lombardia (esportandone più del 40 per cento). Ma è anche seconda dopo la Calabria per povertà energetica, insomma popolazione che non riesce ad avere a sufficienza né luce né calore pur producendone a sbafo.

Altro che compensazioni, questi sono misteri della fede. Compensazioni che dovrebbero servire a bollette meno care per tutti, non solo a far cambiare periodicamente e vanagloriosamente marciapiedi e inaugurare panoramiche fontane di qua e di là.

E quanto all’energia pulita, la Puglia è prima in Italia nel fotovoltaico e fra le prime nell’eolico. Ma chi compensa per le pale che deturpano il paesaggio di dio (ah, Sgarbi e la sua battaglia) e gli specchi che tolgono terra a una agricoltura invidiata da tutti? Poi vai a vedere che questa è la regione col terzo più alto consumo di suolo in Italia dopo Lombardia e Veneto. In un anno cementificata superficie quanto mille campi di calcio. Si dovrebbe autocompensare per la sua follia suicida.

(Ultime notizie. Il previsto impianto per generare energia pulita nel porto di Bari è bocciato dalla Sovrintendenza. Pur in una città solo 90ma in Italia fra le green, le ecologiche. C’è sempre uno più puro che ti depura).

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