La riflessione

Il sud dei giovani sindaci: nei piccoli centri la sfida più grande

Stefano Minerva*

Ci si misura con le aspettative di una comunità che ha visto crescere il candidato

Ho letto con estremo interesse l’articolo a firma di Marisa Ingrosso dal titolo «Il Sud non ama i sindaci giovani», relativo ai dati dello studio condotto dall’Istituto di Ricerche Educative e Formative, secondo cui - nel Sud e Isole - solo il 19,1% dei sindaci ha meno di quarant’anni.

A questo poi, si aggiunge il dato rilevante dell’84,3% dei sindaci under40 che amministra Comuni con meno di 10.000 abitanti.

Da sindaco di una realtà oltre i 15.000 abitanti - che cresce esponenzialmente nel periodo estivo - che ha avuto l’onore di poter indossare la fascia tricolore ad appena 30 anni, e da presidente della Provincia pugliese che conta il maggior numero di Comuni dell'intera Regione (ben 96 su 257 totali), non posso esimermi dal condividere con la Gazzetta e con i lettori alcune mie riflessioni, che spero possano aiutare a riflettere sul tema.

Partiamo da un concetto semplice quanto scontato: amministrare un Comune del nostro Sud, oggi è impresa ardua.

Chi è sindaco lo sa bene. Perché si combatte «a mani nude» l’estrema complessità della burocrazia italiana. Lo si fa con spirito di abnegazione e passione, è vero, ma le Amministrazioni sono sempre più lasciate sole a barcamenarsi fra progettazioni, ordinaria amministrazione ed eventi straordinari. Il tutto senza che ci sia una struttura tecnico-amministrativa tale - in termini di risorse umane a disposizione - da affrontare la mole di «scadenze» previste dalla legislazione.

E quando si è soli, magari dopo aver viaggiato a lungo nella vita, essersi formati, aver toccato con mano quanto il futuro possa essere accattivante a livello personale, occuparsi della cosa pubblica nei nostri «paesi del Sud» diviene esercizio di cuore.

Perché - e qui arriviamo al secondo punto della mia riflessione - la politica e l’amministrazione per tanti di noi è frutto dell’amore viscerale che proviamo nei confronti della nostra terra.

Vedete, ricordo ancora quando - fra le mille riunioni e occasioni di crescita personale in giro per l'Italia - la mente e il cuore pensavano alla mia Gallipoli, agli amici che erano lì e con coraggio si rimboccavano le maniche, alla famiglia, alla cultura, alle tradizioni.

E allora ogni occasione era buona per prendere un treno e tornare al Sud, o magari chiedere un passaggio a chi - nella mia stessa situazione - saliva in auto per tornare a «casa».

Perché i Comuni sono casa, sono affetto, sono il futuro che poggia le proprie radici sul passato e sul presente.

Così come ricordo l’entusiasmo nel vedere quanti amministratori locali under30 o under40, per rimanere al range offerto dallo studio protagonista del pezzo di Marisa Ingrosso, hanno accettato la «sfida» di candidarsi a rappresentare i sogni di una generazione che guardava al futuro col sorriso, nonostante gli occhi segnati dal disincanto dal sacrificio.

Il Salento nell’ultimo decennio ha rappresentato un avamposto della buona amministrazione per mano di sindaci e amministratori under40.

Merito senza dubbio della formazione politica, del fermento culturale, sociale e associativo, merito di quel sentimento di rivalsa nei confronti di chi ha immaginato il Sud come terra senza prospettive.

Merito di tanti giovani che, accanto a chi partiva con la speranza di poter tornare un giorno, rimanevano per costruire le condizioni per tornare degli altri.

È successo nei Comuni sopra i 15.000 abitanti, con Gallipoli, Nardò, Galatone, è successo nelle piccole comunità, con Tiggiano, Zollino, ecc.

Tutte le nostre esperienze, però, hanno un minimo comune denominatore: la fiducia dei cittadini.

Perché, lo dico sinceramente, non mi soffermerei più di tanto sul dato «freddo» dei sindaci che amministrano realtà più grandi. È nei piccoli centri che - a mio modesto avviso - c'è la sfida più grande.

Perché lì non ci si basa solo sul colore politico, ma ci si misura con le aspettative di una comunità che il più delle volte ha visto crescere e conosce direttamente il candidato, sa di che pasta è fatto, conosce le sue passioni, i suoi punti di forza e debolezza.

E lì la fiducia diviene la firma di un contratto con la propria terra, vuol dire «noi ci siamo, rimbocchiamoci le maniche insieme».

Perché il Salento è una terra che esiste e resiste, nonostante tutto.

* sindaco di Gallipoli e presidente della Provincia di Lecce

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