Il commento
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno; perché in questo caso la privacy non c’entra
Il caso Meloni-Giambruno pone innanzitutto una domanda: perché le vicende private di una coppia, anche se risiede a Palazzo Chigi, devono finire sui giornali? Tre le possibili risposte
Il caso Meloni-Giambruno pone innanzitutto una domanda: perché le vicende private di una coppia, anche se risiede a Palazzo Chigi, devono finire sui giornali? Tre le possibili risposte. Giorgia Meloni in quanto presidente del Consiglio è un personaggio pubblico, anzi «pubblicissimo» e come tale vede ridotta la sua sfera di riservatezza. Stessa condizione di una ridotta riservatezza vive il compagno, Andrea Giambruno, ma perché personaggio noto in quanto giornalista televisivo. Infine la risposta che supera e annulla le altre: i fatti (diffusione dei filmati, decisione della premier) si sono svolti sui media e dunque come tali hanno «creato» l’interesse pubblico.
C’è poi il tema dei «fuorionda», cioè di immagini o conversazioni registrate e pubblicate all’insaputa dell’interessato. La liceità di tale diffusione va valutata alla luce o della deontologia giornalistica o della normativa sulla privacy (dlgs 196/2003). Il fatto che la rivelazione di «Striscia la notizia» sia avvenuta fuori da una testata giornalistica e che il servizio sia stato confezionato da soggetti non qualificati come giornalisti porterebbe a escludere l’applicabilità delle norme deontologiche. Norme che richiedono un’attenta valutazione dell’interesse pubblico oltre che della modalità con cui sono state acquisite le registrazioni. Nel caso di specie sembrerebbe più una curiosità pubblica – estranea al diritto di cronaca – che un reale interesse del pubblico per formarsi un’opinione.
C’è da dire però che le «Regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica» all’ultimo articolo prevedono la loro applicabilità anche a chiunque «occasionalmente eserciti attività pubblicistica»: è il caso degli autori di «Striscia»? Difficile a dirsi, poiché su questa parte della norma non è stata fatta chiarezza né dal Garante per la privacy né dall’Ordine dei giornalisti. È però opinione diffusa che per attività pubblicistica s’intenda non un’attività genericamente svolta attraverso i media, bensì una diffusione attraverso testate giornalistiche registrate.
L’altro fronte è relativo alla privacy in senso più generale. Bisogna specificare che i materiali trasmessi dal «tg satirico» di Canale 5 non sono stati carpiti in maniera fraudolenta tramite microfoni o telecamere nascoste, ma sono stati registrati in un contesto dove non c’è una ragionevole aspettativa di riservatezza: è assai probabile che in uno studio televisivo vi siano microfoni o telecamere accesi e di cui i presenti non si rendano conto. Non solo, ma nel secondo filmato qualcuno avverte Giambruno: «Se ti registra “Striscia” poi vedi…». Dunque c’era con tutta evidenza una consapevolezza di poter essere ripresi. La diffusione di questi materiali, attesa la notorietà del protagonista, deve ritenersi lecita, soprattutto se si considera che avviene per fini satirici e la satira, come precisa la Cassazione, risponde a una «funzione di controllo esercitato con l’ironia e il sarcasmo nei confronti dei poteri di qualunque natura». Fra l’altro la diffusione di fuorionda di vario tipo caratterizza buona parte del programma di Antonio Ricci.
Ma c’è un aspetto che potrebbe dissolvere ogni residuo dubbio e procurare a Giambruno ulteriori dispiaceri. Le sue parole – nonostante il tono goliardico – potrebbero configurare il reato di molestie nei confronti della giornalista cui erano dirette. Dopo la parte iniziale di finta galanteria, i riferimenti sessuali si fanno molto espliciti: «Posso toccarmi il pacco mentre vi parlo?», domanda. Replica una voce femminile: «L'hai già fatto». Giambruno: «Come amore? Sai che io e ... abbiamo una tresca? Lo sa tutta Mediaset, adesso lo sai anche tu... Però stiamo cercando una terza partecipante, facciamo le threesome. Anche le foursome con ... Però ... generalmente va a Madrid a ciulare. Ma hai scopato? C'è fica?». E via di questo passo.
La pubblica denuncia di un reato – sia sotto il profilo della deontologia che sotto il profilo della privacy – giustifica la diffusione non autorizzata di immagini o conversazioni, anzi costituisce un dovere civico prima ancora che professionale.
Corretta infine appare la scelta della presidente Meloni di affidare la sua decisione ai social. In quanto personaggio pubblico coinvolto non poteva far finta di nulla, ma trattandosi di una decisione «privata» ha preferito uno strumento non ufficiale, piuttosto che un formale comunicato stampa.