l'analisi
Zes, piano strategico e marketing insediativo per attrarre investitori
Nei Paesi della UE sono già operative ben 91 Zone franche, comprensive delle Zone economiche speciali, e alcune possono essere individuate come best practices per l’attrazione degli investimenti.
Il largo consenso manifestato da Associazioni datoriali, loro Presidenti, opinion leader e studiosi all’istituzione della ZES unica nel Sud rende necessaria, a nostro avviso, una sia pur breve ricognizione di quelle esistenti nel mondo per comprendere meglio quale sia lo scenario competitivo in cui si inserirebbe quella dell’Italia meridionale.
A livello internazionale, fra le più note quella di Shenzen in Cina si colloca nel gruppo di ZES di maggior successo. Infatti, nel corso dei 25 anni dalla sua istituzione avvenuta negli anni ‘80, gli scambi commerciali sono cresciuti di 17 volte per un valore di 443 miliardi di dollari, mentre la crescita annua del suo pil si è attestata intorno all’8,9%. Nei Paesi della UE sono già operative ben 91 Zone franche, comprensive delle Zone economiche speciali, e alcune possono essere individuate come best practices per l’attrazione degli investimenti.
Le più note sono quella di Shannon in Irlanda, istituita sin dal 1959, la cui gestione è stata affidata ad una Agenzia di sviluppo regionale che ha attratto nel corso degli anni successivi massicci interventi esteri, facendo di quell’area uno dei poli più dinamici dell’intera economia europea. Poi un’altra di successo è a Madeira in Portogallo.
In Polonia esistono 14 Zone economiche speciali istituite con la legge del 20 ottobre ‘94. La loro operatività era stata fissata fino al 31 dicembre del 2020, poi prorogata fino al 31 dicembre 2026. Ed anche queste Zone hanno concorso con la loro capacità attrattiva a fare della Polonia la 5° economia della UE. In Lettonia, entrata nell’Unione nel 2004, vi sono due Zone economiche speciali.
Non bisogna peraltro dimenticare nel Mediterraneo le due Zone economiche speciali che nel Nord Africa rappresentano potenti concorrenti delle ZES europee e di quella italiana di prossima istituzione.
Ci si riferisce a Tanger Med in Marocco - polo di attrazione già da anni di numerose multinazionali e con una base produttiva e occupazionale di 2 assoluto rilievo - e a quella di Port Said in Egitto che ha accresciuto la sua forza attrattiva all’indomani del raddoppio del Canale di Suez.
Se questa in estrema sintesi è l’arena competitiva in cui si collocherebbe la ZES unica del Sud, è del tutto evidente che essa trarrebbe la sua forza dalle rilevanti dimensioni e dalle preesistenze produttive di grande rilievo che già sono localizzate nei suoi territori.
Il Sud infatti, pur registrando tuttora uno squilibrio di Pil in valore assoluto e pro capite rispetto al Nord, non è affatto una landa deserta: volendo focalizzarne per il momento solo le realtà industriali, è doveroso ricordare che l’Italia meridionale ospita già da anni complessi strategici dell’industria nazionale, dall’automotive alla siderurgia, dalla petrolchimica all’aerospaziale, dall’agroalimentare alla farmaceutica, dalle estrazioni petrolifere all’Ict, dalla costruzione di convogli ferroviari alla navalmeccanica, dall’energia alla meccanica pesante: impianti in molti casi di gruppi settentrionali ed esteri che costituiscono la colonna vertebrale del sistema produttivo locale.
La ZES unica pertanto dovrà essere sempre di più un grande attrattore, in particolare, ma non solo, di altri big player italiani e stranieri. E pertanto intense azioni di marketing insediativo dovranno caratterizzarne il funzionamento: azioni di cui il Ministero per gli affari Europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR sarà il caposaldo di coordinamento e di impulso. Servirà poi un Piano strategico per la ZES unica che ne definirà le politiche di sviluppo, ma su questo tema molto delicato ci riserviamo di intervenire in altra occasione.