L'analisi

Diritti e dignità del lavoro: la battaglia continua nel nome di Paola Clemente. Il ricordo dei sindacati

Gigia Bucci

Domani saranno trascorsi otto anni dalla morte di Paola Clemente. L’operaia agricola 49enne è diventata, suo malgrado, simbolo delle dinamiche di sfruttamento e intermediazione illegale di manodopera nel sistema primario, ma non solo, in Puglia

Domani saranno trascorsi otto anni dalla morte di Paola Clemente. L’operaia agricola 49enne è diventata, suo malgrado, simbolo delle dinamiche di sfruttamento e intermediazione illegale di manodopera nel sistema primario, ma non solo, in Puglia.

A lei è stata simbolicamente intitolata la legge più avanzata di contrasto al caporalato e al lavoro nero, la 199 del 2016. Fu grazie all’attenzione suscitata nell’opinione pubblica dalla sua tragica fine - purtroppo non la sola che ha macchiato del sangue dei lavoratori le campagne e i luoghi di lavoro della nostra regione - unita alla fondamentale spinta del sindacato, che si riuscì ad ottenere una normativa di dignità, come l’abbiamo sempre definita.

E pensare che senza le denunce della famiglia, raccolte allora dalla sola Flai Cgil regionale, quella di Paola sarebbe stata archiviata come morte naturale. Quel 13 luglio del 2015 si era svegliata come sempre alle 3 di notte, aveva percorso insieme ad altre operaie i 150 chilometri che separavano San Giorgio Jonico da quel vigneto nelle campagne di Andria per le quali erano state assoldate da un’agenzia interinale.

Viaggio in pullman gran turismo, moderne forme di caporalato. Nessun furgone malmesso riempito all’inverosimile, come purtroppo ancora accade per tanti braccianti stranieri. Il lavoro senza sosta sotto il sole cocente, prima delle ordinanze che oggi obbligano a fermarsi nelle ore più calde. Il malore. Le denunce portarono alla scoperta di un sistema organizzato di intermediazione apparentemente legale. Ma la paga delle operaie, quella di Paola, era di 3 euro l’ora, le buste paga palesemente false.

Nel 2015 scriveva il compianto Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore che ha indagato e raccontato lo sfruttamento del lavoro nei campi della Puglia, che non era insolito fino a qualche anno prima che si negasse palesemente l’esistenza del caporalato. Un sistema assieme arcaico e moderno, lo definì un altro studioso che visse il suo impegno tra sindacato e politica, Pietro Alò, che risponde alla necessità delle imprese di competere sui mercati sempre più globali abbattendo diritti e costi del lavoro. E allora elusione contrattuale, violazione dei diritti, fino ai casi estremi condizioni al limite dello schiavismo. Tutto questo ancora persiste non solo in agricoltura, se guardiamo ad esempio alle impressionanti statistiche dell’Ispettorato del Lavoro rispetto alle irregolarità in settori come ristorazione e alloggi.

Parliamo di comparti – agricoltura ma anche turismo – che realizzano miliardi di fatturato e assieme incidono quasi per il 20% nella formazione del Prodotto interno lordo regionale. Ma davvero sistemi d’eccellenza quali dovrebbero essere quelli agroalimentare e dell’ospitalità possono pensare di stare sul mercato sfruttando le persone? Si spiegano con queste dinamiche distorsive indicatori positivi in diversi comparti e assieme una crescita della povertà in Puglia: lavoro grigio e nero, povertà salariale legata a retribuzioni già basse, mancanza di politiche redistributive a livello nazionale.

Ormai, certificano gli enti ispettori, questi fenomeni sono in crescita in tutt’Italia, soprattutto nelle aree economicamente più ricche: non sono risparmiate industria, logistica, servi alla persona. Con la frontiera più spinta di un sistema illegale, quella del caporalato, che trascina in un vortice di illegalità e offende la dignità di migliaia di uomini e donne. In agricoltura, ancora a febbraio in Capitanata vi sono stati arresti per intermediazione illegale di manodopera in agricoltura. La Legge 199 sul piano repressivo funziona, bisogna fare molto di più sulla prevenzione. Sull’accoglienza.

Occorrerebbe un rilancio vero del collocamento pubblico, per togliere ogni alibi alle imprese. Prima di tutto va difeso un impianto normativo quasi quotidianamente finito sotto attacco dalle associazioni datoriali e da esponenti politici della destra, norme che funzionano e hanno fornito strumenti nuovi a detta di magistrati e esponenti delle forze dell’ordine.

Passerà anche questo 13 luglio, in cui doverosamente in tutte le nostre province ricorderemo Paola Clemente. Ma per noi della Cgil il suo ricordo vive ogni giorno nelle lotte che conduciamo per l’affermazione dei diritti e la dignità del lavoro, per sottrarre al ricatto di chi è costretto a lavorare a qualunque condizione per un reddito spesso da fame. Contro questi che non sono imprenditori ma parassiti sociali, perché sottraggono risorse e ricchezza a tutta la collettività. Con la speranza che nelle aule dei tribunali, quanto prima, la morte di Paola possa finalmente ottenere giustizia.

IL RICORDO DEI SINDACATI: 'IL CAPORALATO PERSISTE' 

Il 13 luglio di otto anni fa moriva la bracciante Paola Clemente. Aveva 49 anni, marito e tre figli. Era nata a Crispiano, viveva a San Giorgio Jonico. Ha perso la vita nelle campagne di Andria per un malore mentre lavorava all’acinellatura dell’uva. La Flai Cgil ionica, unitamente e con il sostegno della Cgil di Taranto, ricorderà Paola incontrando le lavoratrici e i lavoratori agricoli a San Giorgio Jonico, alle tre del mattino, sulle strade dove i caporali ancora oggi reclutano la manodopera. L’iniziativa è una tappa speciale di «Diritti alla Via», il percorso che per tutta l'estate impegnerà la Flai Cgil di Taranto sui temi dei diritti, del giusto salario, del welfare, della sicurezza per gli addetti del settore agricolo.

«L'introduzione della legge sul caporalato - afferma Lucia La Penna, segretario generale della Flai Cgil di Taranto - non ha fermato lo sfruttamento nelle campagne. Il fenomeno è cambiato nella forma, ma persiste nella sostanza e nella sua gravità. Ne abbiamo conferme tutti i giorni incontrando i lavoratori, sfidando gli sguardi truci, le intimidazioni più o meno velate dei caporali al nostro arrivo. Abbiamo scelto di fare il sindacato di strada, di parlare con le braccianti ed i braccianti nel momento in cui sono più deboli, quando il caporale esercita il suo subdolo controllo facendo leva sul bisogno delle persone». «Ma - spiega La Penna - siamo anche il sindacato che accompagna e assiste i lavoratori in ambito legale, quando l’unica strada percorribile è quella di affidarsi alla giustizia».

«Paola Clemente non c'è più da otto anni. Il suo ricordo vive ogni giorno nelle lotte della Cgil e della Flai in Puglia e in ogni parte d’Italia, in agricoltura come in tutti i settori, contro lo sfruttamento del lavoro e ogni forma di caporalato». Lo affermano in una nota congiunta la segretaria generale di Cgil Puglia, Gigia Bucci, e il segretario generale di Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi. Il 13 luglio 2015 l’operaia agricola Paola Clemente moriva nelle campagne di Andria. Si era svegliata alla 3 del mattino per lavorare come specializzata nell’acinellatura dell’uva, coprendo i 150 chilometri che la speravano dal suo paese nel Tarantino a bordo di un pullman. «La tragica storia di Paola - proseguono - innerva la legge 199 contro lavoro nero e caporalato, ottenuta grazie alle battaglie del sindacato nel suo nome e che è ritenuta, dalla stessa magistratura, valido strumento di contrasto allo sfruttamento». I due sindacalisti evidenziano l'esistenza di un «moderno caporalato celato tra agenzie interinali e società specializzate nel trasporto», evidenziando che Paola è «morta di fatica, prima delle ordinanze che oggi obbligano a sospendere il lavoro nelle ore più calde».

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