Letteratura
La verità si pesca solo scavando nella realtà (e nei classici letterari)
A metà aprile scorso, intervistando David Quammen, gli ho chiesto come mai, giunto alla penultima pagina del suo recente Senza respiro. La corsa della scienza per sconfiggere un virus letale, avesse sentito il bisogno di rendere omaggio alla letteratura di William Faulkner
Notava Italo Calvino, un po’ per celia, un po’ sul serio, come spesso gli capitasse di ascoltare qualcuno affermare di aver appena «riletto» I fratelli Karamazov, La Certosa di Parma, o qualsiasi altro classico. Il sorriso, tutto sommato benevolo, con cui Calvino accompagnava quella rivelazione, taceva sulla più probabile delle eventualità: che l’interlocutore Dostoevskij non l’avesse mai letto, e nemmeno Stendhal, stimando imbarazzante doverlo confessare. D’altra parte, aggiungeva però, la pietosa bugia o, come si chiama in inglese, the whitelie, la bugia bianca, era tale perché conteneva un fondo di verità. Perché i grandi classici si conoscono a prescindere la loro effettiva lettura, li si «riconoscono» nelle infinite citazioni che usiamo, magari, senza saperne recuperare la fonte, nei moltissimi adattamenti cinematografici, televisivi, teatrali, nei rifacimenti, nelle parodie, a volte anche nei discorsi da bar sport che magari senza sapere, e certamente senza volontà, accompagnano l’ultima e definitiva opinione sulla partita del giorno, con una citazione manzoniana.
A metà aprile scorso, intervistando David Quammen, l’autore di Spillover, il testo che nel 2012 anticipava quello che avremmo vissuto con Covid-19, gli ho chiesto come mai, giunto alla penultima pagina del suo recente Senza respiro. La corsa della scienza per sconfiggere un virus letale, avesse sentito il bisogno di rendere omaggio alla letteratura di William Faulkner, l’autore, tra gli altri, de L’urlo e il furore, di Assalonne, Assalonne. Mi ha risposto che quei «classici» li aveva incontrati appena quindicenne a scuola, ed è una lettura che ha condizionato tutta la sua vita, anche quella professionale. Pur raccontando di scienza, prevalentemente di biologia evoluzionistica e medicina, Quammen non ha una formazione scientifica ma letteraria, ed è nei romanzi di Faulkner che ha trovato il suo «principio di indeterminazione», quello battezzato dal fisico tedesco Werner Heisenberg, quello alla base della meccanica quantistica. Come scrive in Senza respiro, «quando lessi Faulkner per la prima volta e ne fui ammaliato, la cosa che mi colpì più di tutte […] fu che la verità circa qualsiasi avvenimento o individuo è frammentata, e quei frammenti sono disponibili solo a partire da diversi punti di vista». Ne L’urlo e il furore, in Assalonne, Assalonne! , la vicenda, la struttura narrativa, per intenderci «gli accadimenti», sono raccontati dai diversi protagonisti, ogni volta allo stesso modo e pure con significative differenze. «La realtà a tutto tondo – continua Quammen – può essere còlta solo sommando prospettive disparate. Il discernimento della “verità”, deriva dall’ascolto di molte voci». Per raccontare cosa è successo nel mondo da quel fatidico 30 Dicembre 2019, per esattezza dalle 17,43 ora di Wuhan, quando un giovane oftalmologo postò su una chat di ex compagni di università, la notizia dei primi 7 casi di infezione da Coronavirus, David Quammen ha ascoltato 95 testimoni, tra ricercatori, scienziati, pazienti, autorità sanitarie, intervistandoli mediamente un’ora e mezza ciascuno, necessariamente via Zoom, che anche lui era lockdown nella sua casa nel Montana. La «verità», quella necessariamente tra virgolette, non può essere altro che quello che è possibile ricavare dalla lettura incrociata di molte versioni, tenendo conto di tutte le voci che è possibile ascoltare, sommando e componendo tanti punti di vista. E questo non solo nella fiction letteraria, anche nella ricerca scientifica.
In questi anni di pandemia, che sembrano – ma non sono! – già lontani, abbiamo imparato, se lo abbiamo fatto, se abbiamo voluto ascoltare e discernere, che la verità scientifica non può che essere «a tempo» e «al meglio delle attuali conoscenze»: ogni scoperta poggia su quella precedente, superandola, integrandola, a volte aprendo lo sguardo su una prospettiva che prima non avevamo potuto o non eravamo stati in grado di considerare: ci si erge sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduti. Per chi ama le verità assolute e definitive, il metodo inaugurato da Galileo merita ancora processi, se non il rogo a Campo de Fiori: sui social si innalzano pire e si dà fuoco alla ragione. Per chi, invece, rimane curioso e aperto alla crescita della conoscenza, Quammen aggiunge una prospettiva inedita e di assoluto fascino: quel che possiamo discernere della verità deriva dall’ascolto di molte voci. Come ci ha insegnato Faulkner, come si legge in L’uro e il furore.
Che io non ho mai letto, ma che dopo la lezione di Quammen, posso finalmente rileggere.