L'opinione

Viva la precauzione, ma l’uomo non rinunci a follia e audacia

Pino Donghi

Audacia, audacia, sempre audacia, audacia temeraria! Era uno dei motti futuristi, straordinario movimento artistico dell’inizio del ‘900

Audacia, audacia, sempre audacia, audacia temeraria! Era uno dei motti futuristi, straordinario movimento artistico dell’inizio del ‘900. Sicché, riflettendo sull’inevitabile pendolo sociale che alterna le fasi utopico-rivoluzionarie ai ripiegamenti prudenti e conservatori, Paolo Fabbri – «uno degli uomini più colti che ci siano stati nell’Italia degli ultimi cinquant’anni», come lo salutava Marco Belpoliti su Repubblica – ci ricorda come ai fermenti degli anni ‘60 e ‘70 dello scorso secolo, si fosse poi sostituito quello sguardo malinconico verso il passato perduto, che genialmente Umberto Eco aveva battezzato, «il passo del gambero»: quando, occhi al futuro, di fatto però si indietreggia. «Oggi – commentava Fabbri -, precauzione, precauzione, precauzione temeraria! Siamo diventati i temerari del principio di precauzione. È cambiata l’epistemologia, è evidente».

Negli ultimi tempi, quanto siamo cambiati lo si può leggere anche in un divertente quanto colto volume da poco in libreria per i tipi di Boringhieri: Eroica, folle e visionaria. Storie di medicina spericolata, frutto della ricerca di Silvia Bencivelli, scrittrice e giornalista scientifica. Una lettura istruttiva e insieme abile nell’incuriosire e intrattenere, che fugge la pretesa dello sguardo storico, eppure ripercorrendo quella della medicina, in un susseguirsi di «storie» individuali, di personali avventure di ricerca e riflessione, a partire da un punto di vista meno singolare di quel che si potrebbe immaginare: l’autosperimentazione. E infatti, ricorda l’autrice, i padri della medicina hanno spesso compiuto autoesperimenti, quasi tutti con la medesima motivazione etica: «Non farei a nessun altro quello che non ho il coraggio di fare su di me». C’è chi, per dimostrare l’efficacia dell’anestesia locale, si è auto operato di appendicite; chi, come il chirurgo tedesco Werner Forssmann, con l’autoesperimento forse più audace della storia della medicina, nel 1929 si è auto praticato il primo cateterismo cardiaco, la prima angiocardiografia della storia. C’è un numero di pazzi che hanno ingurgitato immonde culture infette per dimostrare o confutare i convincimenti del tempo, chi si è fatto pungere volutamente da insetti (e anche chi, meno eroicamente, lo ha fatto fare ad altri, prendendosi poi il merito), così da dimostrare l’origine di una malattia; chi ha sperimentato su di sé sostanze ignote o comunque prima mai utilizzate… e se state pensando a quello che ci è capitato più di recente, con la vaccinazione anti Covid, ebbene sì, l’ultimo capitolo è dedicato agli auto esperimenti con i vaccini.

Nel penultimo, dal titolo «acqua sporca» si racconta anche una delle storie più recenti, a metà degli anni ‘80 del ‘900, quella che ha permesso all’australiano Barry Marshall di conquistare il premio Nobel per la Medicina, dopo aver bevuto una bella cultura di germi, così dimostrando che l’ulcera dipendeva dall’infezione indotta fa Helicobacterpylori e non già dallo stress. E forse l’aspetto più pericoloso riguardava meno l’eventuale guarigione - sicuro, com’era, della sua ipotesi, si era premunito con una buona dose di antibiotici a portata di mano -, molto di più il mettere a rischio gli affari di un numero di colossi industriali, titolari dei brevetti di alcune categorie di farmaci tra i più venduti al mondo. Ma siamo, appunto, alla soglia dei nostri tempi, quello che una volta accadeva al riparo della conoscenza e della consapevolezza dei più, facilmente arriva all’attenzione di tutti. Fu così per Marshall, amichevolmente tradito dal suo amico Robin Warren che si lasciò scappare la notizia dell’autoesperimento con un giornalista, esperimento e notizia che, il giorno dopo, erano già di dominio pubblico. È l’altra faccia della medaglia.

Ora che tutto si fa e si sa in tempo reale, ora che giustamente siamo straordinariamente attenti a tutte le fasi di safety, al consenso informato, alla prevalenza delle preoccupazioni etiche, lo spazio per l’autoesperimento si riduce fino a chiudersi. E così la storia e le storie di molti che lo hanno praticato magari per «essere il primo» e consegnare il proprio nome alla storia, per ambizione, certo, per follia in qualche caso; alcuni però con sincero slancio eroico, in tanti - ricorda Silvia Bencivelli - «per avere il pieno controllo tecnico della situazione e riuscire a capire i dettagli più fini di una questione scientifica».

La precauzione è un principio sacrosanto e però, come Dante fa dire a Ulisse, «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza». La grande storia evolutiva, insieme alle micro storie di alcuni fantastiche innovazioni, pure in medicina, devono molto a quell’altra epistemologia, quella anche futurista. Audacia,audacia, sempre audacia, audacia temeraria!

Consideriamo la nostra semenza.

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