Il commento

Gli psichiatri sono lasciati soli ma la legge 180...

Francesco Rizzardi *

I trattamenti per gravi malattie mentali sono di regola volontari e le cure imposte solo in situazioni transitorie di urgenza, quando la persona le rifiuta

Quaranta anni di lavoro nella psichiatria pubblica, quasi tutti in un Centro di Salute Mentale (l’istituzione sanitaria pubblica deputata al 99% della cura psichiatrica dei disturbi mentali gravi), mi hanno sempre posto di fronte al conflitto fra la Legge dello Stato, che si occupava solo della cura, come di qualsiasi altra malattia, e la convinzione dei cittadini e delle istituzioni (Comuni, Forze di Pubblica Sicurezza, Polizia Municipale), che il compito della repressione di comportamenti socialmente pericolosi fosse affidato con adeguati poteri alla Psichiatria del SSN. Come se con la Legge 180 fosse stato decretato un passaggio di queste funzioni dall’Ospedale Psichiatrico e dalla Pubblica Sicurezza agli psichiatri del DSM.

Invece la legge 180 stabilisce modalità di cura moderne, mentre non si occupa direttamente del comportamento pericoloso. Per legge i trattamenti psichiatrici per gravi malattie mentali sono di regola volontari e le cure necessarie possono essere imposte solo in situazioni transitorie di urgenza, quando la persona le rifiuta.

L’urgenza dipende da una valutazione clinica, con una certezza scientifica e non assoluta. Si è passati da una pratica in cui il ricovero obbligato era effettuato se uno era pericoloso a sé o agli altri a una pratica in cui il rischio di violenza, omicidio o suicidio non sono motivo di TSO di per se stessi, ma solo all’interno di una valutazione clinica.

Ad esempio, ripetute minacce e percosse nei confronti di familiari da parte di una persona affetta da un grave disturbo di personalità e abuso di Sostanze non obbligano di per sé stesse a un TSO. Una parte delle persone affette da gravi disturbi mentali non ha mai consapevolezza della malattia e non accetta di curarsi. Possono molto più facilmente passare a comportamentti violenti, ma non rispondono sempre alle condizioni del TSO.

Quindi l’omicidio delle dottoresse Paola Labriola e Barbara Capovani non è stato un evento casuale, ma la prevedibile conseguenza di un sistema che pone fisicamente di fronte a una persona folle, estremamente violenta e priva di capacità critica solo due dottoresse che avevano il compito di convincerla a curarsi, anche proponendo dei TSO, o di trattenerla temporaneamente chiusa in un reparto, contro la sua volontà.

È necessaria una legislazione aggiuntiva che riempi l’assenza dello Stato nella repressione di comportamenti violenti, affermandola come compito delle istituzioni di pubblica sicurezza, non di due donne sole.

* primario di Psichiatria Bologna

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