Amarcord

Al Bano, Ranieri e Morandi, in tre arrivano a 228 anni ma conquistano i social

Fulvio Colucci

Quel freddo sabato sera del 1951, Gianni Morandi aveva 7 anni; Al Bano ne aveva 8; Massimo Ranieri sarebbe nato a maggio. Non immaginavano che settantadue anni dopo sarebbero saliti sul palco a Sanremo per celebrare se stessi con la «benedizione» di Amadeus

L’ordine regna a Sanremo e a garantirlo, come sempre, i fiori (e la loro carica vintage più invasiva di ogni profumo). Dopo il fallito putsch di lunedì sera, con Blanco che prende a calci le fioriere del Festival (troppo giovane per ricordare gli «assalti al cielo» e la loro precisa parola d'ordine: che cento fiori sboccino!), l'Italia tremava al pensiero: un gesto così blasfemo... e se il «sacrilegio» avesse trovato emuli in grado di trasformare il palco nel pavimento dell'inferno lastricato di fiori spezzati come le buone intenzioni?

Non bastavano le scuse del cantante, impacchettate sui social con la carta regalo del ricordo mirato: Sanremo è città dei fiori e il Festival, con quei fiori, «pugnala» dolcemente il Paese da una vita (la citazione è del «Sabato italiano» di Sergio Caputo) magari narcotizzandolo, di certo facendogli ricordare di essere patria invitta della canzone di cuore e d'amore. E allora Blanco come pensava di farla franca pugnalando i fiori? Come pensava di infrangere il primo comandamento: no fiori, no Festival. Iconoclastia.

A spazzare letteralmente i dubbi, la «Grande paura», ci ha pensato la scopa di Gianni Morandi sapientemente guidata da Amadeus: guai toccare i fiori della cattedrale Ariston. È come bestemmiare in chiesa. Perché Sanremo è Sanremo e, soprattutto, i fiori ne sono l'essenza, il credo, il fondamento, l'albero genealogico. È bastato azionare la macchina del tempo: la prima canzone a vincere il Festival è, non a caso, Grazie dei fiori nella serata al Casinò, il 31 gennaio del 1951 (in onda alla radio perché la Tv era di là da venire). Fine delle trasmissioni.

Quel freddo sabato sera del 1951, Gianni Morandi aveva 7 anni; Al Bano ne aveva 8; Massimo Ranieri sarebbe nato a maggio. Non immaginavano che settantadue anni dopo sarebbero saliti sul palco a Sanremo per celebrare se stessi con la «benedizione» di Amadeus.

Forse non lo immaginavano nemmeno qualche anno fa, quando la musica italiana sembrava avviata a un naturale ricambio. Poi, qualcosa si è rotto e l'eterno ritorno è diventato eterno presente al Festival, in linea con il credo del presentatore «totale» Amadeus e la diffusa, celeste, nostalgia. Passa da queste vie il trionfo del vintage (con un po' di talent, ma forse poco talento pensando al futuro). Dalla filosofia che, mettendo a confronto passato e presente, può ancora affermare come in un sillogismo - e a buon diritto, sia chiaro - che Al Bano, Morandi e Ranieri sono tre grandissimi interpreti della musica italiana. Ma non può dimenticare o negare che insieme sommano 228 anni di vita e Riccardo Fabbriconi, in arte Blanco, di anni ne ha solo 19. A quella età Gianni Morandi spopolava con Andavo a cento all'ora ieri accolta dalla platea di Sanremo con la solita standing ovation (insieme ai cavalli di battaglia di Al Bano e Ranieri nell'esibizione in trio).

Il 73esimo Festival di Sanremo ha raggiunto l'acme di quel processo un po' schizofrenico che vede gli storici interpreti del passato - nel vintage sempre più vintage come, un tempo, nel blu dipinto di blu - conquistare la scena (che in realtà non hanno mai perso per il sortilegio benigno dei fiori del Festival) anche nel mondo virtuale, sui social, vecchi, nuovi e nuovissimi con boom di contatti, profluvi di selfie e non è un caso che Chiara Ferragni assurga al ruolo di vera superstar. Un fenomeno paradossale e non è un caso nemmeno che ieri Amadeus e Morandi discettassero sulla retorica dei boomers (i nati tra la fine degli anni '40 e la metà degli anni '60), alludendo larvatamente al sempre più stridente rapporto tra vecchi e giovani nel Paese dei fiori e delle canzonette, quel rapporto tra padri e figli che, senza scomodare Turgenev, è problema decisivo per il futuro. Perché dopo Al Bano, Ranieri e Morandi non può esserci il diluvio. I fiori non lo sopporterebbero.

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