L'analisi

La grande stampa americana: Twitter e la censura del presidente Joe Biden

Marcello Foa

Il 2023 doveva essere l’anno dell’estromissione di Trump. E se diventasse quello della caduta di Biden?

Siamo troppo distratti dalle italiche vicende per accorgerci di quel che sta accadendo negli Stati Uniti, anche perché, è doveroso ricordarlo, la grande stampa mainstream ha perso da tempo la necessaria indipendenza per valutare con oggettività e onestà intellettuale i grandi fatti dell’attualità. È diventata partigiana e anche un po’ strabica. Ahinoi il cane da guardia della democrazia si è trasformato nel cane da guardia dell’establishment, a cominciare da grandi testate un tempo prestigiose come il «New York Times» e il «Washington Post», che riescono a vedere e a denunciare, indignate, solo gli scandali, veri o presunti, che riguardano Donald Trump e qualunque movimento «irregolare». Quelle stesse testate sono invece estremamente prudenti, ipergarantiste e talvolta straordinariamente distratte quando le cattive notizie riguardano il Partito Democratico e ovviamente il presidente Joe Biden. Da qualche tempo, però, la compiacenza della grande stampa non è più sufficiente per soffocare vicende che potrebbero avere esiti clamorosi e di cui è bene che il lettore sia consapevole.

Riassumo brevemente. Noi tutti conosciamo Elon Musk e sappiamo che ha acquistato Twitter, ma pochi sanno cosa siano i Twitter Files, la cui portata è tuttavia paragonabile a quella dello scandalo Watergate. L’eccentrico imprenditore americano ha infatti permesso ad alcuni giornalisti indipendenti di consultare liberamente gli archivi di Twitter ed è emersa una realtà sconcertante: la censura che alcuni osservatori (pochi per la verità) avevano già denunciato, era molto più estesa e pervasiva di quanto immaginato.

Twitter non si limitava ad adeguarsi ai desideri dell’establishment democratico, ma prendeva ordini direttamente dall’Fbi, dalla National Security Agency (i super servizi segreti americani) e dal ministero dell’Interno, che ogni settimana indicava quali personalità estromettere e quali idee censurare. E lo stesso avveniva, a quanto comincia ad emergere, con Facebook, Instagram, Whatsapp e gli altri colossi del web.

Ovvero la Casa Bianca del democratico Joe Biden applicava una censura politica degna di una dittatura, in assoluto contrasto con i valori costituzionali degli Stati Uniti.

Ce ne sarebbe abbastanza, ma non finisce qui. Perché pochi giorni fa si è scoperto che l’attuale presidente, quando nel gennaio 2017 terminò il mandato come vice di Barack Obama, portò con sé diversi documenti Top Secret, conservandoli nella sua abitazione ovvero si comportò come Donald Trump. Con una differenza non da poco: mentre costui, in quanto Presidente, aveva la facoltà di desecretare i documenti riservati e dunque è possibile che quelle carte non rappresentino un illecito, Biden, in qualità di vicepresidente, non aveva questa facoltà. Sulla vicenda sta indagando un Procuratore speciale; ma è indubbio che sia perlomeno imbarazzante.

E ancor più sconcertante è una rivelazione del «New York Post», fresca di stampa. Il figlio di Biden, Hunter, sotto inchiesta per evasione fiscale e riciclaggio riguardo i suoi affari con alcuni oligarchi ucraini e cinesi, pagava al padre un affitto mensile di 49mila dollari per la casa in cui era andato a vivere nel 2017 dopo il divorzio dalla moglie. Sì, avete letto bene: quasi 50mila dollari. E vi rimase 11 mesi, per un totale di circa 550mila dollari. Notate bene che in quella zona, per quanto di lusso, gli affitti oscillano tra i 4 e i 6mila dollari. Si tratta, peraltro, della stessa casa in cui sono stati trovati i documenti Top Sectet. Ma non è questo il punto. Il punto è che, secondo quanto riporta il «New York Post», si sospetta che quella cifra spropositata rappresenti in realtà la commissione d’affari che spettava al padre, ma che Biden ufficialmente non poteva ricevere in quanto le leggi americane vietano al vice presidente degli Stati Uniti di fare lobbing, tanto più con oscure società ucraine e cinesi.

Può darsi che alla fine l’attuale capo della Casa Bianca venga scagionato e che lo scandalo dei Twitter Files continui ad essere nascosto al grande pubblico. Ma è possibile anche che queste vicende possano avere un epilogo imprevisto ovvero che il Presidente venga abbandonato proprio dal suo mondo, trasformandolo in un provvidenziale capro espiatorio. Non sarebbe la prima volta. Cinismo della politica. Il 2023 doveva essere l’anno dell’estromissione di Trump. E se diventasse quello della caduta di Biden?

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