Il dibattito
Per il futuro di Bari serve un'intelligenza collettiva nei progetti del PNRR
A Bari, nel momento nel quale ci si impegna a predisporre tutte le fasi preliminari dei cantieri del PNRR, manca una chiara Agenda Urbana
Nel dibattito sullo sviluppo di Bari e i fondi del Pnrr, aperto sulla «Gazzetta» dell’11 ottobre con una lettera aperta dell’economista Gianfranco Viesti, sono finora intervenuti Pino Gesmundo (Cgil), Nicola Costantino (Politecnico) e Domenico Di Paola (imprenditore). Oggi è la volta del prof. Nicola Martinelli, presidente di Urban@it.
Accolgo con interesse l’invito di Gianfranco Viesti a riflettere sul futuro della nostra città, nella fase in cui questa dispone di ingenti risorse per trasformarsi, circa 771 milioni, grazie al PNRR. Condivido, peraltro, l’apprezzamento per l’operato dell’Amministrazione Decaro, tanto per la qualità di molti dei progetti con i quali la città si è presentata ai bandi, quanto per l’efficienza della struttura organizzativa comunale, un elemento non affatto scontato nelle città del Mezzogiorno.
Fatto tale riconoscimento, si può partire da una considerazione, che si riallaccia alla riflessione avviata da Viesti: a Bari nel momento nel quale, con un grande sforzo tecnico-amministrativo ci si impegna a predisporre tutte le fasi preliminari dei cantieri del PNRR, manca una chiara Agenda Urbana, pensata come documento condiviso da un’ampia schiera di portatori di interesse e dalla comunità locale, che proponga i temi fondamentali di sviluppo della città con la quale individuare talune priorità da ancorare alle realizzazioni finanziate dal PNRR.
Vi è la necessità, in assenza del nuovo strumento urbanistico per la città (ci sarebbe da chiedersi che n’è stato del PUG?), di costruire una strategia di medio-lungo periodo che assicuri l’integrazione tra i nuovi assetti infrastrutturali e gli altri programmi promossi dal PNRR. Non va dimenticato, infatti, che quest’ultimo muove da una griglia di interventi sulle città italiane pensata altrove, e non nascendo dalle reali necessità dei diversi territori del nostro paese, i progetti corrono il rischio di rimanere scollegati tra loro, e quindi aldilà della loro qualità, di non produrre gli effetti di un concreto miglioramento della «qualità» urbana. Non è casuale che il 20 ottobre scorso l’allora Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibile (MIMS) abbia approvato la sua Agenda Urbana Nazionale (mit.gov.it/comuni), che offre un quadro strategico attraverso il quale orientare le politiche statali negli ambiti della mobilità, delle politiche abitative, delle infrastrutture idriche, della sicurezza…, mettendo a disposizione delle città metodi e pratiche per contribuire all’Agenda Urbana Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.
Eppure nella nostra città vi è la possibilità di costruire strategie e di creare compatibilità tra i nuovi assetti infrastrutturali e la rigenerazione urbana in un quadro di sostenibilità: a Bari analogamente ad altre città metropolitane italiane si è avviato nel 2020 un processo per la redazione di un’Agenda Metropolitana Sostenibile, all’interno del quale sono state valutate le 11 azioni del Piano Strategico Metropolitano attraverso i 17 Obiettivi della Global Agenda 2030. Queste azioni intersecano o coincidono con alcuni degli interventi finanziati dal PNRR, per la mobilità urbana, per un nuovo assetto costiero, per la rigenerazione di alcuni quartieri. Tale processo è stato condotto attraverso incontri tra i 41 sindaci, gestiti dalla cabina di regia (istituita nel 2022) della Città Metropolitana, che ha anche promosso attività di informazione e attivato processi telematici di coordinamento tra i diversi livelli istituzionali, con il sostegno del Centro Studi Urban@it e dell’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile (Asvis) di Enrico Giovannini.
È possibile attivare un processo analogo rapportato alla scala della città, lavorando con i municipi come sta sperimentando Roma Capitale, si potrebbero orientare politiche urbane, che da un lato valorizzino l’effetto finale degli interventi del PNRR sugli spazi e sulle comunità, e dall’altro garantiscano una reale partecipazione dei residenti nei diversi quartieri, anche attraverso la invocata comunicazione e pubblicizzazione dei grandi cantieri PNRR che stanno per aprirsi. Negli anni nei quali in tutto il mondo si lavorava intorno al concetto di Smart City, si diffondeva, tra gli addetti ai lavori e i policy maker, la convinzione che non fossero sufficienti solo dotazioni di reti digitali o energetiche, perché le città fossero più Intelligenti e Sostenibili, quanto piuttosto la necessità che queste fossero animate da comunità informate e consapevoli, in grado di costruire una «Intelligenza Collettiva».
Quella intelligenza collettiva che può concorrere a Bari alla realizzazione di una città migliore a partire dai suoi quartieri, che già implicitamente - si pensi a Madonnella o a San Pasquale – costituiscono una «città della prossimità» o «dei 15 minuti», come nelle recenti fortunate esperienze a Parigi di Carlos Moreno e della sindaca Anne Hidalgo o delle Superillas di Barcellona, città della prossimità attuate con progressive chiusure al traffico delle strade e la nascita di nuovi spazi pubblici e aree verdi. Una città, che come scrive Ezio Manzini, recuperi la scala umana e nella quale la prossimità funzionale si leghi a quella relazionale, cioè a una maggiore opportunità per le persone di incontrarsi, tutelare l’ambiente e cooperare per raggiungere obiettivi comuni.
Ma c’è da chiedersi se tutto questo possa realizzarsi mentre il famigerato Piano Casa della Lr 20/2022 deposita nella città di Bari, in circa un anno, 1,6 milioni di metri cubi di edilizia fuori dalle previsioni urbanistiche, incrementando il consumo di suolo, e disegnando pezzi di città senza forma e senza regole, come quelli che si presentano a noi percorrendo l’asse di Via Amendola.