Verso il voto
Tra «credo» e «scegli» una campagna elettorale tutta made in Puglia
La campagna elettorale in costume rappresenta una novità per l’Italia e nuove, inevitabilmente, sono le forme di comunicazione
Uno invita a credere, l’altro a scegliere. Entrambi hanno in comune le menti pugliesi della comunicazione della campagna elettorale, fatta sinora prevalentemente sui social network. Il «Credo» di Matteo Salvini porta la firma del team di comunicazione di cui fa parte Artsmedia, la società di Andria guidata da Giuseppe Inchingolo. Lo «Scegli» di Enrico Letta è invece farina del sacco dei creativi della società Proforma, guidati da Giovanni Sasso, noti per aver condotto al successo in Puglia Nichi Vendola quasi vent'anni fa.
La campagna elettorale in costume rappresenta una novità per l’Italia e nuove, inevitabilmente, sono le forme di comunicazione. I leader dei partiti hanno strategie diverse di gestione della propria presenza sulle varie piattaforme con Conte e Salvini che, presidiando in maniera omogenea tutti i social network, coprono potenzialmente meglio i diversi target di utenti digitali mentre il Pd, dopo aver rilevato nel periodo iniziale la mancanza di esponenti politici dem e della relativa coalizione nella top ten social, ha puntato forte proprio su «Scegli» per invertire la tendenza e accentuare la polarizzazione con gli avversari del centrodestra, nel tentativo di trasmettere agli elettori il messaggio di una scelta da compiere tra Enrico e Giorgia piuttosto che tra i candidati nei collegi uninominali o nei listini plurinominali bloccati.
Nulla di nuovo, sul fronte della comunicazione. All'inizio la battaglia fu tra Coca Cola e Pepsi, ovviamente negli Stati Uniti d'America. Scelsero di misurarsi sullo stesso terreno anche Audi e Bmw. In Italia, invece, sono state alcune compagnie telefoniche a puntare sulla pubblicità comparativa, cioè sulla contrapposizione diretta (gli esperti direbbero esplicita) con i loro concorrenti. L’idea di Proforma ha contribuito sicuramente a infiammare la campagna elettorale. La Rete si è scatenata: «Con la pancetta-Con il guanciale» è il meme che ha raccolto più successo. Seguito da tanti altri, tra cui: «Con il panettone-Con il pandoro», «Ebook-Libro cartaceo», «Con la panna-Con il brodo».
La pubblicità comparativa la usò all'inizio della sua epopea politica anche Silvio Berlusconi ma la limitò ad alcuni filmati in tv mentre per i manifesti scelse una comunicazione più semplice ed efficace: «Meno tasse per tutti». Certo, siamo soltanto all'inizio, anche se tutto lascia supporre che la campagna elettorale non risparmierà colpi. Con buona pace del linguista americano George Lakoff che sconsigliò ai politici il metodo comparativo: «Quando state discutendo con i vostri avversari non usate mai il loro linguaggio».
Ma anche la campagna «Credo» ha avuti i suoi problemi. La polemica è stata innescata da chi l’ha ritiene una spettacolarizzazione, l’ennesima, del cristianesimo che ha fatto infuriare numerosi prelati e perfino Avvenire, infastiditi «dall’ambiguità provocata dalla scelta di titolare il manifesto programmatico con una parola dalla valenza anche religiosa e cattolica». «Non si può in alcun modo intendere un “credo” politico in senso religioso o cristiano» ha annotato su Avvenire il professor Giuseppe Lorizio, affondando il colpo: «Se un leader politico sostiene sul verbo credere una serie di opinioni proprie e della sua parte, la sfida si esprime in termini di un rapporto-dibattito razionale su quelle scelte nel contesto in cui esse si propongono. E qui entra in campo la «ragione storica e politica», che tutti siamo chiamati ad esercitare, onde configurare la nostra opinione in rapporto alle prossime elezioni. Pertanto, non si può in alcun modo intendere un credo politico in senso religioso o cristiano».
«C’è solo una cosa peggio dell’essere chiacchierati: il non essere chiacchierati» sosteneva, d’altronde, Oscar Wilde. E in campagna elettorale il non essere chiacchierati non è un buon sintomo.