IL COMMENTO
Da Sanna Marin a Dugina, tempi duri per i «potenti» fra attacchi e terrorismo
I casi sulla movida della Premier finlandese, sull'attentato alla figlia dell'«ideologo» di Putin e al ferimento dello scrittore Salman Rushdie
Tempi duri per i potenti. Non paga solo il povero cristo, che deve smarcarsi dalle miserie della vita e dall’ironia della storia.
Anche coloro che «possono», quali che siano i ruoli preminenti esercitati nelle sfere della politica o dell’ideologia e del pensiero, come in quelle dello spettacolo o della comunicazione, devono pararsi dalle critiche degli invidiosi, schivare i colpi, talvolta letali, dei nemici, accettare insomma il paradosso del potere: l’essere assai più fragile e vulnerabile dei comuni mortali.
Nel firmamento contemporaneo sono tante le stelle che solcano i cieli. Ultime a dare il loro tributo salgono alla ribalta due personalità diverse per storia e ruoli ma entrambi emblematiche della fragilità della condizione di «potenti».
La prima è Sanna Marin, primo ministro finlandese, finita sotto il fuoco dei suoi avversari politici perché rea di essere, oltre che un leader emergente di successo, una giovane che ama la vita e che non teme di improvvisare performances in un night club o circondarsi di amici e di quanto potremmo qualificare come una allegra trasgressione. La seconda è la trentenne commentatrice politica Daria Dugina, figlia dell’«ideologo di Putin», Aleksandr Dugin. L’auto su cui viaggiava è saltata in aria nei pressi di un villaggio alla periferia di Mosca. Secondo quanto riferito dall’agenzia statale «Tass», la 30enne guidava la vettura di proprietà del padre quando è esplosa. Un attentato firmato da chi? Si fanno varie ipotesi e si sospettano mandanti di matrice ucraina o ispirati dai nemici di Putin. La giovane era apertamente schierata sulle posizioni del presidente.
Nel novero di potenti del pensiero, pensiamo a Salman Rushdie, lo scrittore ferito dalla coltellate di un giovane libanese fanatico, nel corso di un evento letterario svoltosi a New York.
«Stand with Sulman» hanno gridato gli scrittori amici, per ricordare che a distanza di anni la fatwa nei confronti dell’intellettuale scomodo non è ancora caduta. Infine, rivolgiamo il nostro sguardo ai due potenti in conflitto sulla scena mondiale da alcuni mesi, che in qualche modo incarnano le peculiarità e gli «inconvenienti» del potere. Parliamo di Putin e di Zelensky. Entrambi sono sfuggiti ad attentati, entrambi si circondano di un sistema di sicurezza in estrema allerta e mobile che hanno provveduto in questi mesi a modificare smontando e rimontando gli organigrammi degli uomini deputati a governare i servizi di sicurezza o le stesse strategie del conflitto russo-ucraino.
Oggi che il potere è più diffuso e viene veicolato attraverso la comunicazione, va avviata una profonda riflessione sugli spazi ed i limiti dei potenti: non solo sulle espressioni della loro potenza, modificando e rivedendo i tradizionali privilegi del loro stato.
Se alcuni sono dotati di carisma e leadership, altri ne sono del tutto sprovvisti e quindi assai deboli. Questi ultimi, invece di esprimere una autonoma forza e prestigio, sono obbligati a servirsi degli apparati e delle burocrazie. I potenti allora non riescono più a vivere le loro vite serenamente, hanno bisogno di circondarsi di persone fedeli, da eliminare spietatamente nel caso gli organigrammi scricchiolino o qualcuno tradisca. In tal ultimo e non raro caso il potere risiede tutto negli apparati, che prevalgono sulle stesse leggi di rappresentanza e di elezione ma che, allo stesso tempo, possono essere cassati e modificati con un colpo di spugna. I potenti provano così a tenersi al riparo della sorte, che ha mille occhi aperti solo per l’invidia.