La riflessione
Beni culturali: così la riforma del Codice costruisce il futuro
La nuova normativa voluta dal ministro Franceschini consente un partenariato tra Mibac, Citta Metropolitane, Musei, Fondazioni di origine bancaria e privati per assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio pubblico
L’edizione 2022 degli Stati Generali della Cultura svoltasi a Torino ha fatto il punto sul patrimonio culturale, risorsa strategica per lo sviluppo socio-economico del Paese e dei territori locali come sostenuto dal sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, che ha, pertanto, rivolto alle città un appello a «fare sistema».
A tal fine è necessario, prioritariamente, superare le difficoltà insormontabili create dall’eccesso di leggi poco chiare e da politiche di semplificazione normativa, che hanno avuto effetti solo parziali in termini di rimozione di vincoli e di oneri.
In effetti i processi di valorizzazione dei beni culturali si articolano in molte fasi decisionali. la più importante delle quali è quella volta a permettere che gli stanziamenti economici devoluti possano realizzarsi concretamente. Detta fase ha trovato difficoltà a trovare declinazione operativa negli strumenti di programmazione e nelle politiche ordinarie a causa della vecchia normativa sui beni culturali legata agli aspetti giuridico formali della spesa pubblica ed al binomio funzioni/mezzi finanziari.
A seguito dell’importante riforma del Codice dei Beni Culturali realizzata dal Ministro Dario Franceschini, applicando il Modello Mario Draghi della «Qualità delle Istituzioni», questo è divenuto l’unico comparto della P. A. ad aver sostituito la vecchia «Amministrazione per procedure» con la nuova «Amministrazione per risultati».
Ne è derivata una nuova impostazione delle linee strategiche del MIBAC sull’investimento nei beni culturali inteso come variabile strategica per lo sviluppo economico del Paese.
In particolare la gestione informata alla duplice valenza (giuridica ed economica) del Buon Andamento della P.A, (cfr. commi 1 e 3 art .97 della Costituzione) ha creato una procedura di valorizzazione funzionale ad una corretta contabilizzazione. E stato, cosi, possibile creare le premesse per una corretta «contabilizzazione dell’effetto economico», superando la difficoltà incontrata nel passato, grazie al vincolo di bilancio che garantisce la compatibilità delle scelte d’investimento con il complessivo equilibrio dei conti. La tecnicità del calcolo non stende un ombra di opacità ma, al contrario, consente ex ante di valutare gli effetti e correggerli nella maniera migliore, evitando risultati inattesi ed ormai non più modificabili.
Pertanto questa procedura di valutazione rappresenta la riforma abilitante, richiesta dal Pnrr per incassare le risorse destinate ai Beni Culturali, perché trattasi di un intervento funzionale a garantire l’attuazione del Piano, attraverso la rimozione di ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che ne condizionano l’attuazione.
Inoltre questa riforma abilitante consente alle Città Metropolitane d’incassare i fondi del Pnrr destinati alla cultura perché rende possibile una corretta (ex comma 44 art.1 legge n.56 2014) elaborazione dei relativi piani strategici, basandoli su di un criterio di obiettiva virtuosità finanziaria. Si realizza, così, non solo una contabilizzazione degli effetti economici ma anche una loro distribuzione che evita sperequazioni tra i comuni metropolitani ed estende i benefici anche ai comuni esterni all’area. In particolare a Torino, Napoli, Reggio Calabria e Palermo ,vincolate dal Patto di Rientro, consente di ricorrere ai fondi del Pnrr per non interrompere la spesa d’investimento nei beni culturali, a seguito dell’impegno al risanamento del bilancio.
Il Piano strategico dell’area metropolitana di Torino (20/V/2016 e successivi aggiornamenti) offre una significativa conferma di quanto sostenuto.
Queste possibilità possono essere ampliate dall’art.112 del citato Codice che consente un partenariato tra MIBAC, Citta Metropolitane, Musei, Fondazioni di origine bancaria e privati al fine di assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica dei Beni Culturali.
In conclusione la Riforma Franceschini consente, come richiesto, alle città di realizzare una rete per lo sviluppo culturale ed economico del Paese. È questa, certamente, la prima tappa per costruire il Patrimonio Culturale del Futuro.