Il commento

Quella montagna di denaro dietro la guerra

Rossana Gismondi

«Le armi chiamano la guerra»: lo ha detto recentemente, in uno dei tanti appelli, Papa Francesco.

«Le armi chiamano la guerra»: lo ha detto recentemente, in uno dei tanti appelli, Papa Francesco. L’unico rimasto, tra i potenti, a parlare di Pace. Inascoltato. Usa, Russia, Cina Francia, Gran Bretagna sono i primi cinque produttori di armi al mondo. Ogni anno in tutto il mondo si spendono per la spesa miltare oltre 2mila miliardi di dollari. Per la Fao basterebbe destinare 250 mld di quei dollari, una piccola percentuale, per sfamare 800 milioni di persone. Si ritiene che in questi mesi, molti Paesi - tra cui il nostro - stiano aumentando le spese militari: non è esattamente così. La tendenza mondiale al riarmo è cominciata ben prima del conflitto in Ucraina: dal 2021 ad oggi c’è stato un aumento del 5,4%, pari a 1,3 mld di dollari, portando la spesa ai livelli più alti di sempre.
Gli Usa (SIPRI) sono i più grossi esportatori di armi (38,6%). Seguiti da Russia (18,6%) Francia(10,7%) Cina(4,6%) Germania (4,5%) Italia (3,1%) Gran Bretagna (2,9%) Corea del Sud (2,8%9. Tra i grandi azionisti delle aziende che producono armi ci sono multinazionali e potentissimi gruppi finanziari, con le loro tentacolari capacità di partecipazione in ogni settore economico e produttivo. Gruppi per i quali, dallo scoppio della guerra in Ucraina, i guadagni sono in vorticosa crescita.
Nonostante la pandemia abbia messo in ginocchio milioni di aziende, quelle che producono armi godono, nelle loro multiformità partecipative, ottima salute. Si calcola che per ogni persona morta durante una guerra , ne moriranno in una sorta di macabro indotto, altre nove (British Medical Journal). Malattie che ospedali distrutti e introvabili medicine non riusciranno a curare, falcidieranno i superstiti più deboli, vecchi e bambini. Si morirà di scarsità di cibo, acqua potabile introvabile, di violenza, miseria e mancanze sociali.
La distruzione di una guerra, che non uccide solo con le bombe: ma nel tempo, allargandosi ben oltre i confini nei quali si è consumata. Più durano, più distruzione portano, più lenta sarà la ricostruzione.
Per dire: in Afghanistan la guerra dura dagli anni 70, ha provocato milioni di morti, le carestie che sono seguite mettono a rischio la vita di cinque milioni di bambini. Si stima che in ogni guerra a morire siano soprattutto i civili. Attualmente si calcolano circa 60 guerre, di varia intensità, in ogni parte del mondo con maggiore concentrazione in Asia e Africa. E che, ovunque, 82milioni di persone siano in fuga da carestie, persecuzioni, catastrofi.
E, appunto, guerre: che richiedono armi. La produzione delle quali richiede tempo e pianificazione, persino durante una pandemia mondiale che ha messo in ginocchio tutto, tranne – evidentemente - questa produzione. Le armi chiamano la guerra: non è solo una immagine forte quella evocata da Francesco. È la realtà: le armi producono denaro. Una montagna di denaro. E la guerra, su quella montagna, deposita sangue, morti, orrore, miseria. Affari d’oro per pochi.
Qualcuno ha scritto - brutalmente ma con efficacia - che la guerra non è altro che «una montagna di merda». Costruita su una montagna di denaro.
Privacy Policy Cookie Policy