Il commento
Tocca all’Europa trovare il coraggio per sfide ambiziose
Sembra che la guerra sia entrata in altra fase, più pericolosa. La resistenza ucraina (sì, la parola propria è: resistenza) ha fermato la caduta di Kiev e il disegno di instaurazione di un governo filo russo
«La guerra continua. Bombe sulle città, resti umani nelle strade, stupri alle donne, bambini abbandonati. Scene ogni giorno più strazianti. Conseguenze della guerra scatenata da Putin contro un Paese sovrano. E che un negoziato di «stop and go» non conduce al «cessate il fuoco». Anzi sembra che la guerra sia entrata in altra fase, più pericolosa. La resistenza ucraina (sì, la parola propria è: resistenza) ha fermato la caduta di Kiev e il disegno di instaurazione di un governo filo russo.
E nella società è cresciuta una più marcata coscienza nazionale (non nuova nella sua storia), ma che specialmente nelle nuove generazioni guarda all’Ue e ai suoi principi. Vi è in questo processo il ruolo europeo, giunto fino all’invio delle armi che ha generato opposizioni e confronti aspri anche in Italia. Purtroppo secondo «il paradigma della logica binaria, che scoraggia la formazione di opinioni interlocutorie e capaci di presentarsi per quel che sono, ovvero punti di vista aperti alla contestazione e alla revisione», osserva Nadia Urbinati. E ciò conduce a posizioni estreme che si sganciano dalla lettura di processi nient’affatto lineari. «In questo clima - continua Urbinati - si promuove non la conoscenza degli eventi ma una religiosa adesione. Non si facilita la simpatetica disposizione verso le sofferenze umane, ma si alimenta l’emozione unidirezionale pro/contro, come se fossimo tutti noi sul campo di battaglia». Per questo è il tempo della analisi differenziata.
«La Russia cambia il Mondo» titola l’ultimo numero di Limes . Siamo di fronte ad un mutamento di portata storica degli equilibri mondiali . E per noi è il tempo di pensare al ruolo e al destino dell’Ue. Allo spazio della sua autonomia nell’alleanza occidentale. Questa autonomia è stata agita negli anni più bui della guerra fredda fra i due blocchi da uomini come la Pira, Fanfani, Andreotti . Nella interlocuzione con lo stesso Pci. Come pure si erano interrogati sul ruolo della Nato dopo il crollo dell’Urss, personalità come George Kennan ed Henry Kissinger. Con il primo che scrisse il 31 luglio 1997: «Non riesco a vedervi altro che una nuova guerra fredda, destinata a diventare calda». Giudizi che tenevano conto del peso della storia, che per la Russia è storia di impero.
Mentre i circoli più oltranzisti in America avevano l’obbiettivo di abbattere per sempre l’Orso russo. Il declassamento della Russia alla dimensione regionale ha così gonfiato il revanscismo di Putin, fino alla decisione criminale della guerra in Ucraina. Quell’errore strategico degli Anni ‘90 non deve ripetersi.
Lo spazio di autonomia europea nell’alleanza atlantica discende della storia, dalla cultura, dalla geografia. I nostri interessi ora e nel lungo periodo non coincidono totalmente con quelli degli Usa. Come nei momenti di crisi, diceva Jean Monnet, l’Europa deve trovare il coraggio delle sfide ambiziose. Avviandosi verso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e di progressiva sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili; affermando con la Politica agricola comune la sua sovranità agroalimentare; affrontando il capitolo della sicurezza comune, razionalizzando e armonizzando spesa e tecnologie militari, anziché procedere in ogni paese per se nella scriteriata corsa al riarmo a penalizzare lo stato sociale.
E per intanto sprigionando ora tutto il suo potenziale diplomatico per un cessate il fuoco, per la sovranità e neutralità della Ucraina. E per una trattativa che coinvolga le superpotenze. Prima che l’Ucraina diventi luogo desertificato dall’escalation russa.