L'editoriale

«Quello che serve davvero è un aumento delle spese per diffondere la democrazia»

Nicola Daniele Coniglio

Spendere in missili oppure in ospedali più efficienti? Il dibattito sull’aumento delle spese militari divide il Parlamento e l’opinione pubblica

Spendere in missili oppure in ospedali più efficienti? Il dibattito sull’aumento delle spese militari divide il Parlamento e l’opinione pubblica. Tutti (tranne chi le armi le vende, e a caro prezzo) preferirebbero destinare le risorse scarse dei nostri bilanci pubblici a spese più produttive e meno distruttive. Poiché le risorse pubbliche non piovono come manna dal cielo, un euro speso per la difesa è un euro in meno per sanità, istruzione, welfare, infrastrutture, ecc.

Per fare un esempio, i «Javelin» - missili anti-carro simboli della resistenza Ucraina contro l’invasione Russa - costano oltre 220 mila euro ciascuno. Quanto basta per assumere 7-8 insegnanti per un anno in una scuola italiana. Ogni giorno nella guerra in corso i soldati Ucraini ne usano circa mille. Ogni giorno che la guerra si protrae, milioni di euro che potrebbero essere destinati a usi migliori non solo vanno in fumo ma distruggono vite umane e miliardi di euro in infrastrutture (che bisognerà poi ricostruire).

Il punto fondamentale del dibattito in Italia e nei paesi occidentali è questo: è davvero necessario alla luce del conflitto in corso aumentare le spese militari? I Trattati impegnano i paesi NATO (di cui facciamo parte) ad una spesa militare non inferiore al 2% del PIL. Ma, ricordiamoci, questo impegno è stato disatteso (e non solo dall’Italia) per lungo tempo. La spesa militare media nell’Unione Europea è in costante discesa dal dopoguerra ad oggi. Negli anni sessanta era pari a circa il 4% del PIL; oggi siamo all’1,5% del PIL. I numeri relativi espressi in proporzione al PIL (al reddito di un paese) sono fuorvianti. È vero che nel mondo la spesa militare è più alta in termini relativi rispetto alla nostra (2,36% del PIL contro l’1,6% dell’Italia) ma in valori assoluti - ovvero in euro o dollari effettivamente spesi in armi o soldati - la spesa dei paesi Occidentali è già enorme. Basta farsi due calcoli. Nel 2020, nel mondo le spese militari sono state pari a 1929 miliardi di dollari (pensate a cosa si potrebbe fare con questa cifra colossale!!). Gli USA hanno speso 778 miliardi di dollari (il 40% del totale) seguiti dalla Cina con 252 miliardi di dollari (il 13% del totale). Segue poi l’UE con 233 miliardi di dollari (12%). La Russia è il quarto paese per spesa militare (61.7 miliardi di dollari); meno di un decimo della spesa USA e poco più di un quinto della spesa congiunta di UE e Regno Unito.

A cosa serve la spesa militare? A contenere e contrastare le minacce di conflitti e soprusi da parte di paesi con regimi autoritari. Anche se preferiremmo non spendere neanche un euro in armi ed eserciti – ma neanche in carceri e forze di polizia - la difesa (nazionale ed internazionale) è un bene collettivo prezioso. È dunque importante che le democrazie occidentali posseggano un credibile deterrente ed una superiorità militare rispetto ai paesi con regimi totalitari.
Ma, attenzione, una cosa è interrogarsi sulla rilevanza della spesa militare mentre altra cosa è spingere per un cospicuo aumento della stessa come si fa in queste ore approfittando della minaccia Russa. Quest’ultima è, a mio parere del tutto non giustificata dagli eventi in corso.

La Russia sta dimostrando di avere una pessima capacità militare convenzionale. Le forze armate dell’Ucraina – che ha una spesa militare nel 2020 pari a poco meno di 6 miliardi di dollari - stanno mettendo in seria difficoltà il paese che oggi consideriamo una delle principali minacce da un punto di vista militare. La capacità futura della Russia di sostenere un aumento della sua spesa militare sarà inevitabilmente più bassa in virtù delle conseguenze economiche devastanti che il paese subirà a causa di sanzioni e della ricerca di nuove fonti energetiche in Europa. Rimane la minaccia di armi non convenzionali – in particolare del nucleare – ma rispetto a queste poco cambia in termini di rischi e strategie di contenimento.
Anche rispetto alla Cina non sembra evidente la necessità di un’impennata delle risorse da destinare alle spese militari. Oggi la Cina spende l’1,75% del proprio PIL; meno della metà degli USA (3,7%).

Oggi le democrazie occidentali già posseggono un’evidente superiorità militare; frutto di una spesa in armamenti che è già enorme. Perché privarci di nuovi ospedali o scuole per contenere ancora di più le minacce esterne? Ma vi è un’altra ragione fondamentale per non aumentare la spesa. La minaccia attuale e futura non viene dalle armi degli altri paesi. Se così fosse saremmo noi stessi (USA ed Europa) le maggiori minacce per il mondo. Se così fosse non dovremmo – noi democrazie occidentali – vendere ad altri quelle armi che poi dobbiamo sforzarci di «contenere» spendendo ancor di più in armamenti. La minaccia di oggi e di domani viene dall’esistenza di regimi autoritari - come quello di Putin e dei tanti paesi guidati da dittature e oligarchie nei vari angoli del mondo – che usano queste armi per soffocare la pace e la democrazia.

Quello che oggi servirebbe davvero è un aumento delle spese per diffondere la democrazia in ogni angolo del mondo. Un Piano Marshall per supportare lo sviluppo e i germogli del cambiamento democratico in paesi come la Russia, la Bielorussia o nei tanti paesi schiacciati da regimi totalitari in Africa e in Asia. Oggi i paesi ricchi spendono circa lo 0,3% del PIL per gli aiuti allo sviluppo. Se vogliamo pace e prosperità nel mondo è su questi ‘semi di costruzione’ che potremmo aumentare i nostri sforzi. Espandere il nostro arsenale militare – e poi, in modo del tutto incoerente, spargere questi «semi di distruzione» vendendo queste nuove armi a paesi non democratici – ci porterebbe nella direzione opposta.

Privacy Policy Cookie Policy