IL COMMENTO

La preside, il «flirt» con lo studente e... la gogna: l'era social

Andrea Di Consoli

Gridare così superficialmente allo scandalo non fa che allargare ipocritamente la distanza tra giovani e adulti

Provo a riassumere i fatti – ampiamente discussi in questi ultimi giorni in ogni dove – in maniera asettica e senza fare nomi. Siamo a Roma, in un liceo classico non troppo centrale. Una preside di 48 anni viene accusata di aver avuto un flirt con uno studente di 18 anni dell’istituto da lei diretto. I ragazzi iniziano a parlare, alcuni docenti fanno un esposto e l’Ufficio scolastico regionale avvia immediatamente una ispezione. Il ragazzo avrebbe confermato il flirt, accusando in qualche modo la preside di aver insistito e di averlo messo in difficoltà con le sue avance. La preside, invece, nega tutto, e accusa un clima velenoso nella scuola, e un’immaturità psicologica nel ragazzo, che evidentemente ha frainteso un’intesa puramente di stima.

Premessa importante: nessuno di noi al momento sa davvero come si siano svolti i fatti. E a nessuno sfugge il fatto che le deontologia professionale e il buon senso vieti ai docenti di avere rapporti sessuali coi propri alunni. Altra premessa necessaria: non sappiamo quale clima si respiri realmente in questa scuola, e quale sia il reale profilo psicologico della preside – che è sposata – e dello studente. Ma in questa storia manca all’appello una cosa fondamentale: il garantismo; e, soprattutto, un minimo di discrezione mediatica, necessaria non soltanto ai protagonisti della storia, ma anche all’intera scuola coinvolta.
Premesso ciò, risulta un po’ stucchevole questo neo-puritanesimo che si è abbattuto sulla testa della preside, che da questa storia sta uscendo a pezzi. Perché per quanto anche il ragazzo starà sicuramente vivendo ore difficili, a pagare il prezzo principale in termini di reputazione è anzitutto lei. Ora, la prima cosa da dire è la seguente, e capisco che possa dare fastidio a più di qualcuno: il mondo degli adulti e il mondo dei giovani non è mai stato così separato come vorremmo far credere. È dalla notte dei tempi che persone mature possano sentire attrazione per creature assai più giovani – per mille ragioni non solo sessuali, ma anche sentimentali, d’intesa mentale, ecc. Un tempo storie come queste capitavano più frequentemente, forse perché i giovani avevano maggiore fretta di diventare adulti e di misurarsi con il mondo dei grandi. Ma storie così ancora succedono e sempre succederanno, e spesso non c’entrano niente né la coercizione né la violenza, ma soltanto l’attrazione: la sublime e tremenda attrazione erotica che porta a cercarsi fisicamente sfidando regole e convenzioni.

Lo studente di Roma – che mi auguro abbia la maturità di affrontare con serenità questa storia, che un giorno sarà ricordata finanche con tenerezza – era maggiorenne. Ma già dire questo significa portare il discorso sul terreno giuridico, perché se anche avesse avuto 17 anni le cose sarebbero cambiate poco, perché a 17 anni si è perfettamente in grado di vivere in piena autonomia e consapevolezza un rapporto d’amore o erotico. E per quanto noi tutti si sia ormai per una iper-pedagogia che tende a eliminare o a rimuovere i lati oscuri e i visceralismi dell’emotività, è un dato di fatto che tra adulti e giovani possano nascere passioni improvvise e incontrollabili. Però ci sono delle regole, ecco. E mi perdoneranno i tanti pedagogisti o pasdaran della pubblica morale se dico che quando si ha – e in questo caso non sappiamo nemmeno se la relazione ci sia stata davvero – una storia con una persona più grande e sposata che non ha esercitato su di te violenza o ricatto la prima regola è la discrezione, cioè la segretezza della storia. Parlo in generale, non in riferimento a questa storia piena di zone d’ombra. Se tu hai 18 anni e hai una storia con una professoressa sposata di 48 anni, la prima cosa che un uomo deve sapere è che quella storia deve rimanere segreta, e che non deve confessarla nemmeno sotto tortura, perché se una persona sposata ha sentito di potersi abbandonare e fidare di te – rischiando finanche il licenziamento – questo significa che tu devi tutelarla a ogni costo. Non è omertà: è rispetto e difesa di una cosa importante che non suscita mediamente approvazione in una società un po’ ipocritamente neo-puritana. Capisco che di mezzo ci siano anche questioni deontologiche, giuridiche e morali, ma un pezzo di storia della letteratura e del cinema ha ampiamente raccontato simili storie, che spesso sembrano boccaccesche, e invece quasi sempre nascondono livelli sentimentali e psicologici abissali, di grande inquietudine e passione.
Ormai i cancelli si sono aperti, e impossibile è riportare i buoi nella stalla. Ma gridare così superficialmente allo scandalo – ripeto, in assenza di violenza, ricatti o coercizione – non fa che allargare ipocritamente la distanza tra giovani e adulti, che non è così abissale come vogliamo far credere. Insomma, evviva la passione se nasce nel reciproco consenso e nel libero godimento della trasgressione, ma sappiatela vivere nella segretezza e nella discrezione. Capisco che nell’era dei social tutto ormai viene spiattellato immediatamente, ma poi non vi lamentate se scoppiano i putiferi. Ecco: sappiatele fare, le cose. Perché certe cose si fanno e non si dicono. E se escono fuori, si negano: si negano anche sotto tortura.

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