IL COMMENTO
Dagli Usa alla Turchia il furto di San Nicola ha colpito il Mondo
Dalla leggenda di Santa Claus si è levata l'eco di una comunicazione globale
Roban, profanan, stolen, volée: è stata tradotta nei mille idiomi di questo piccolo mondo interconnesso la notizia del furto sacrilego di cui è stata vittima la statua di San Nicola nella Basilica Pontificia di Bari. Né avrebbe potuto essere altrimenti, visto che la comunità pugliese ha assunto il compito, quasi mille anni or sono, di custodire le spoglie mortali del venerato taumaturgo, successivamente consegnato alla celebrità planetaria, grazie alle strategie di comunicazione che hanno forgiato sul suo calco la leggenda di Santa Claus. In Francia la (cattiva) notizia l’hanno appresa ieri, trasmessa da France 24, il network statale acquartierato a Parigi. Ciò che ha colpito di più i giornalisti d’Oltralpe è che sia stato sottratto il gioiello dalla mano dell’inerme scultura. Titola France 24: «Une bague en or volée à la statue de Saint-Nicolas dans une eglise italienne», cioè «Rubato un anello d’oro alla statua di San Nicola in una chiesa italiana». Al di là del valore venale del bene sottratto, in effetti quello è forse il «dettaglio» che più rende l’idea della violazione «corporale», della spoliazione. Ed è lo stesso su cui si appunta l’attenzione dell’ABC-American Broadcasting Company, di The Washington Post e di 15Minutos, il network che si rivolge ai 460 milioni di persone del mondo che parlano spagnolo e che titola «Rubano l’anello e altri oggetti sacri da San Nicola di Bari nella sua basilica», aggiungendo nel sommario: «San Nicola fu vescovo della città di Mira, in Anatolia, e le sue spoglie rimasero in quel luogo per secoli, fino a che nel 1085 furono traslate nella città italiana di Bari». Così dunque anticipando di due anni l’impresa dei marinai baresi.
Ma, a proposito di Anatolia e svarioni, anche Daily Sabah, il quotidiano turco filogovernativo e disponibile in inglese e arabo, riporta la notizia battuta da Ap-Associated Press (la più grande agenzia giornalistica al mondo con sede a New York). Per una svista, i turchi a corredo dell’articolo pubblicano anche una bella foto a colori della grande navata centrale della chiesa barese, scambiandola però per «la cripta in cui sono conservate le reliquie di San Nicola».
Deutsche Welle, o DW, l’emittente pubblica tedesca di radiodiffusione a livello internazionale appunta la sua attenzione sull’oltraggio alla sacralità e, nella sua versione web in spagnolo, titola: «Profanano la Basilica di San Nicola di Bari in Italia».
Tutti i Media, indistintamente, ricostruiscono la storia del Patrono di Bari e raccontano di quanto il grande amore della comunità sia direttamente proporzionale allo shock patito. Alcuni riportano le parole del sindaco, Antonio Decaro - che lo definisce un «atto sacrilego e fortemente offensivo» - così come l’accorato appello dei frati Domenicani perché il ladro e gli eventuali complici restituiscano il maltolto. In alcuni casi, vengono riprese le dichiarazioni rilasciate da mons. Giuseppe Satriano a Tv2000 (l’emittente televisiva controllata dalla Conferenza Episcopale). È il caso, per esempio della Northwest Arkansas Democrat Gazette che ha sede a Little Rock: il vescovo di Bari ha detto che con questo gesto sono stati toccati i nervi scoperti della fede e della cultura della città.
Traducendo in cirillico alcune parole chiave abbiamo verificato che l’agenzia di Stato di Mosca Ria Novosti ha raccontato del furto titolando su «Basilica di San Nicola derubata in Italia». Oltre alla dinamica, si sottolinea come migliaia di fedeli della Chiesa ortodossa russa «ogni anno si recano in pellegrinaggio a Bari». Specificando che, dal 1969, agli ortodossi è concesso il diritto di pregare nella cripta e che «una volta a settimana nel tempio si svolge un servizio divino «secondo il rito bizantino-russo» durante il quale tutti possono venerare le reliquie di S. Nicola il Taumaturgo». Non pare esserci alcunché, invece, sulla versione online della Pravda, l’ideale erede digitale di ciò che fu l’organo di stampa ufficiale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Ieri, sulla sua pagina principale (in inglese) c’era spazio solo per una cosa cioè quella che noi chiamiamo guerra o invasione russa del territorio ucraino e che «loro» – uniformandosi agli ordini del Cremlino – definiscono con bizantinismo degno di nota l’«operazione speciale in Ucraina».