La riflessione
8 marzo, «Con la guerra in Ucraina sarà una non festa»
Sarà un 8 marzo di angoscia per la guerra in Ucraina, una non-Festa della donna con le protagoniste immerse nella fatica di una coda pandemica che rende lavoro e cure familiari problematiche per colf e badanti ancora a singhiozzo. E poi quello smacco per l'ennesima, mancata elezione di una donna alla presidenza della Repubblica. Già, cosa ci aspettavamo? Da tre decenni va così, eppure i tanti volti femminili che popolano collegamenti e salotti dei canali all-news, le dichiarazioni dei partiti affidate a politiche, più di quote rosa e alternanze di genere e malgrado scranni di deputate e senatrici pari a un terzo del totale, hanno fatto credere possibile l'impossibile. Dell'illusorietà del prestigioso obiettivo sono convinte parlamentari ed ex onorevoli, donne che da Montecitorio o da Strasburgo non le hanno mai mandate a dire, entrate in politica giovanissime, rimaste nell'agone oppure uscite con un piano B, tornate al mondo dello spettacolo dal quale provenivano. "Diciamola tutta: le prime a non crederci? Le donne. E' mancato loro il coraggio di proporre candidature più valide rispetto a quelle maschili. In tante potevano concorrere alla grande, ma poi sono stati preferiti i veti, con donne del tutto demotivate, che facevano nomi di uomini": Alessandra Mussolini, l'addio dopo 25 anni alla politica nel 2019 da europarlamentare del Ppe, inizi da attrice, cantante e personaggio televisivo, tornata in Tv da dicembre 2020, la nipote del duce e di Sophia Loren è netta come sempre. Ha sentito di dover cambiare direzione dopo gli attentati terroristici di Bruxelles e Strasburgo "Nella vita di una persona vi sono tante sfaccettature - spiega - ma tra il prima e il dopo non ho mai interrotto la comunicazione diretta con la gente, il racconto delle mie sensazioni". Così si spiega il suo "sì" inatteso e incondizionato al Ddl Zan, annunciato con una foto che la ritraeva in tuta arcobaleno, ma questo non significa che l'ex parlamentare sia pronta per il femminismo intersezionale di cui tanto si parla. "Mi auguro un 8 marzo soprattutto di pace, perché finita la quarta ondata di Covid che ha messo a terra famiglie ed economia, ci mancava soltanto una guerra per aggravare pesi e responsabilità delle donne. Deve essere una giornata di riflessione per tutti, al di là del genere, perché si può cambiare. Una donna in grado di farlo è Roberta Metsola, la presidente del Parlamento Europeo che conosco per aver lavorato a lungo con lei: è riuscita per merito e competenza, può fare la differenza".
Vladimir Luxuria, la foggiana prima parlamentare transgender nelle file dell'allora Prc, eletta dopo mille battaglie contro le discriminazioni di genere ma anche un'avviata carriera nel mondo dello spettacolo, non ha mai indietreggiato davanti a provocazioni e pericoli, fra i tanti il quasi arresto nel 2019 nella Russia di Putin in occasione delle Olimpiadi di Sochi, quando sventolò la bandiera arcobaleno per i diritti LGBT. Per lei, ora opinionista televisiva, non ci sono dubbi: "I luoghi di potere sono roccaforti maschili. Guardiamo i partiti - sottolinea - ad esclusione di Giorgia Meloni di FdI tutte le segreterie politiche sono in mano a uomini... E il tavolo dei negoziati ucraino-russi? Tutti uomini e tutti marziali, donne escluse malgrado stiano pagando di più anche per questa guerra”. La misoginia per Luxuria è anche qualcosa di interiorizzato, in uomini e donne: "Chi in uno studio medico non preferisce un uomo a una donna? E per gli avvocati, fa forse differenza?". L'intersezionalità equivale all’interfemminismo "Perchè misoginia e transfobia vanno di pari passo - spiega - l'uomo che considera le donne inferiori detesta in misura maggiore i trans. Nel 1994, al primo Gay Pride italiano, cantavo "Vorrei la pelle nera"... Non essere transfobici significa anche credere nell'ambientalismo e nell'antirazzismo".
Da parlamentare europea a componente dell'esecutivo nazionale di Fratelli d'Italia, ricopre oggi anche la carica di coordinatrice provinciale del partito a Padova, la sua città. Elisabetta Gardini, volto notissimo della Tv e della politica, inizi da attrice accanto a Giorgio Albertazzi e Vittorio Gassman, nel 1994 sceglie la carriera politica che la porta più volte al Parlamento europeo. La sottovalutazione delle donne nelle istituzioni e in politica? "Accade perché non c'è meritrocrazia - risponde - se applicassimo l'etica del merito, non avremmo neanche la disoccupazione giovanile. Oggi i giovani vengono demotivati, non riescono a stabilire un rapporto diretto tra impegno e risultato. E poi non ha senso ragionare per genere, bisogna parlare di essere umano con pari opportunità, capace di confrontarsi con propri limiti”. I momenti difficili non l’hanno fatta desistere dall’impegno politico "Al centro ho sempre messo la persona - puntualizza l'on. Gardini - ognuno di noi è unico e irripetibile. Oggi ci muoviamo in una società con persone ammassate in categorie, tutto viene strumentalizzato, le possibilità di dialogo sono quanto mai ridotte". Per lei dunque né schwa, né femminismo intersezionale: "Se dovessi rappresentare uomini e donne con una metafora, prenderei a prestito questa: l'uomo guarda avanti, la donna guarda intorno, maschile e femminile si supportano".
Non ha ancora trent’anni l’on. Rosa Menga, ma ha conosciuto anche la notorietà in Tv per aver vinto nel 2017 “Reazione a catena” con il gruppo Gli Sfoggiati, composto da lei, la sorella Stefania e Leonardo Mascia. Nel 2018 la studentessa universitaria foggiana, a soli 25 anni, viene eletta deputato con il Movimento 5 Stelle, ma continua a studiare, si laurea in Medicina ed esercita la professione di medico, rimanendo, ora nel Gruppo misto, fra i più giovani deputati della XVIII legislatura. Il suo sguardo a questo 8 marzo è più fiducioso “La mancata elezione di una donna presidente della Repubblica è un’occasione persa, ma qualche passo avanti è stato fatto - dice -. Alcune candidature trasversali, se sostenute, avrebbero potuto funzionare, ma un nome o un altro andavano supportati per la validità del profilo non perché donna”. Detesta l’on. Menga le connotazioni maschili date alle donne in politica, anche per far loro un complimento e sull’ipotesi di mettere la desinenza neutra ai plurali maschili universali, afferma: “Non è questione di grafemi o fonemi, non penso che un pediatra si senta discriminato perché il nome della sua professione termina con la A. La discriminazione è nel pensiero: una donna in camice bianco, soprattutto se di aspetto gradevole, è più facile che venga chiamata signorina che dottore”.